È un pomeriggio azzurro di quiete apparente.
Prendiamo un aperitivo nel patio di un bar affollato sulla costa. Il tempo è vago, come i nostri discorsi, che fatalmente tornano sul mio progetto.
– Perché non dovrebbe essere stato lui?
Tutti e quattro indaghiamo svogliatamente le trame di quegli omicidi. Ma Mauro mangia con gli occhi Simona. Lo riconosco lo sguardo del regista, innamorato delle sue inquadrature.
Da un gruppo di ragazzi in piedi si stacca una studentessa di liceo. Gli si avvicina, lo chiama e intanto compie ampi gesti con le braccia, gli fa dei complimenti, si volta a richiamare l’attenzione degli amici.
Ma lui si muove goffo in mia presenza, cerca di prendere le distanze. Sono a disagio, mi alzo infastidita, Mauro mi segue subito dopo. La ragazza, disorientata, si affretta a farsi riassorbire dal gruppo di amici. Simona prende il mio posto accanto a mio fratello.
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