La biblioteca è abbandonata e polverosa. Mi aggiro in cerca di un posto isolato, mi siedo e mi immergo nella scrittura. Perdo il senso del tempo, non so di essere stata seguita.
Ho scritto quello che dovevo, una lettera che concludo con: Non sono stata io!
Parla di amore, di amore per una donna. Grondano sangue, la lettera e la donna. Eppure, mentre muore, so che non sta soffrendo per sé stessa.
Un rumore mi fa sollevare la testa. È Mauro, sposta la sedia accanto alla mia, mi toglie la lettera da sotto, la fa cadere in terra. Prende le mie mani e mi fa alzare. Lo guardo allibita, sono arrabbiata nera, ma a lui sembra non importare.
Sta cercando di spogliarmi… ma così, adesso, non voglio! Piango, piango sempre più forte.
Lo odio.
– Ti odio! Ti ho visto… Tu non ci pensi mai a me! Mai!
Mauro scuote la testa, fa per allontanarsi. Mi assale un dolore in petto, come se mi si strappasse il cuore. Lo imploro a bassa voce di perdonarmi. Ci pensa un attimo, si volta, spalanca le sue braccia, ma sta fissando in terra. Poi, per un istante infinito, mi ritrovo a piangere stretta contro di lui.
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