La desolazione di Smaug è precisamente poco burro spalmato su troppo pane, se mi passate la citazione. La pellicola si apre con un flashback di un anno precedente agli eventi del primo film, un dialogo lungo e mortalmente soporifero tra Gandalf (Ian McKellen) e Thorin Scudodiquercia (Richard Armitage), che per di più mi è toccato vedere due volte perché il cinema che proiettava il film ha deciso di rimettere daccapo la pellicola per favorire i tanti maleducati ritardatari, ma questa è un'altra storia. Peraltro ho sempre creduto che iniziare libri e film con lunghe e tediose spiegazioni fosse un pessimo modo per ingraziarsi l'interesse del lettore/spettatore, ma tant'è.
La storia torna quindi nel presente, con i nani e l'hobbit inseguiti instancabilmente dagli orchi guidati da Azog (Manu Bennet). A questo punto, dopo scene allungate a dismisura e scene aggiunte per far brodo, Jackson inverte la tendenza e decide che la parte in cui il gruppo viene ospitato da Beorn il mutapelle (interpretato da Mikael Persbrandt) è troppo noiosa, come illo tempore lo era stata quella con Tom Bombadil, e la riduce a cinque minuti di incontro.
Kili: "Non vuoi perquisirmi? Potrei avere un'arma sotto i pantaloni"Legolas rosica, le chiede perché quel nano insolente continui a fissarla dimenticando che da quando è comparso in scena anche lui non ha fatto altro. Lei risponde che per essere un nano è piuttosto alto. Io mi ficco due dita in gola: un nano e un elfo in un'opera derivata da un libro di Tolkien, non so se mi sono spiegata. E no, abbassate quelle mani, le vostre elucubrazioni sul rapporto da atleti negli spogliatoi tra Legolas e Gimli non mi interessano.
Tauriel: "Oppure nessuna."
Durante la pausa, la signora accanto a me mi rivolge questa domanda:
"Ma secondo te quando inizia il film? Finora non hanno fatto altro che scappare".
Apro la bocca per risponderle che no, il libro è ben altro, c'è tanta roba interessante, ma mi rendo conto che ha ragione. Il film è un'eterna fuga rocambolesca.
"Non lo so, signora. Spero nel secondo tempo."
Il secondo tempo è effettivamente quello in cui inizia il film. Gandalf si reca a Dol Guldur per indagare sulle forze oscure che si stanno mettendo in moto, dove incontra Radagast (Sylvester McCoy) e scopre che le tombe dei nazgûl sono vuote. La compagnia frattanto arriva a Pontelagolungo (Esgaroth), poco sotto le pendici delle Montagne Nebbiose, e riesce a entrarvi di nascosto grazie al barcaiolo Bard (no, non è interpretato anche lui da Orlando Bloom, ma da Luke Evans che gli somiglia una cifra, ed è la seconda volta che hanno la geniale idea di mettere i due attori insieme nello stesso film), che li nasconde in casa salvo poi realizzare che il ritorno del legittimo erede del regno sotto la montagna potrebbe risvegliare il drago e dunque distruggere la sua città. Bard è un personaggio complesso, e almeno questa aggiunta l'ho apprezzata: povero e vedovo, con tre figli a carico, è per di più vittima della sfiducia della gente in quanto discendente di Girion, che ebbe l'occasione di uccidere Smaug ma sbagliò il colpo.
In una scena molto simile a quella in cui Aragorn guarisce Frodo, Tauriel cura il febbricitante e moribondo Kili usando l'athelas in un tripudio di litanie elfiche, sospiri e sguardi languidi. Le femmine della sala sono in un brodo di giuggiole. I maschi si lamentano perché il costume di scena fa vedere poco le tette della Lily. Io sono sotto la poltrona e sto mangiando una delle mie copie de Lo Hobbit chiedendo perdono a Tolkien.
L'ultima parte è dedicata alla Montagna Solitaria e a Smaug, finalmente visto in tutta la sua magnificenza: Bilbo s'infiltra nei sotterranei alla ricerca dell'Arkengemma, ma nonostante indossi l'anello il drago riesce a fiutarlo e si risveglia. Bilbo cerca di giocarlo, ma Smaug si avvede della presenza dei nani e si avventa su di loro per distruggerli: il gruppo tenta di imprigionarlo versandogli addosso un'enorme quantità di oro fuso, ma il drago si libera e spicca il volo verso Pontelagolungo per distruggerla. Perché il drago lasci degli intrusi nella tana, decidendo di punto in bianco di andare ad attaccare gli umani, non ci è dato sapere, così come non ci è dato sapere perché mai i nani credessero di poter uccidere un drago con dell'oro fuso. Finalmente, comunque, azione, azione vera intendo, utile allo svolgimento della trama, senonché dopo mezz'ora di fiamme e di gente che corre, anche questa scena finisce per stancare e non si vede l'ora che proiettino i titoli di coda.
Lo ribadisco: ce n'era bisogno? Lo Hobbit, il libro, è una storia semplice, adattabile anche a un pubblico più adulto, essenziale, leggera e scanzonata. Tre film, pur saccheggiando le Appendici e le raccolte di Racconti, sono troppi. A meno che, come ha dovuto fare Jackson, non si allunghi e si inventi, ma che non mi si dica che non c'era altra scelta: la scelta c'era, narrare la storia in un unico film (cosa che poteva essere stata fatta efficacemente) o al massimo due (con l'aggiunta dei retroscena), ed è stato scelto altrimenti per ragioni puramente economiche. Lo Hobbit, com'è evidente da questo secondo capitolo, è un film nato per il 3D: visivamente spettacolare, povero di contenuti, infedele allo spirito del libro.
Film bocciatissimo, insomma, se non si fosse capito, ad eccezione di qualche isolato spezzone. Temo al pensiero di ciò che Racconto di un ritorno farà della Battaglia dei Cinque Eserciti.