Christopher ha quindici anni, vive col padre a Swindon, una cittadina fuori Londra, ha un’insegnante che si prende cura di lui e lo aiuta a coltivare l’innata e smisurata passione per la matematica. Il ragazzo ha la sindrome di Asperger e per questa ragione si sente più in sintonia con la logica e i numeri che con gli esseri umani – anzi, potremmo dire che spesso fatica a vedere razionalità e coerenza nelle loro azioni.
Il ritrovamento del povero Wellington (il cane) lo indurrà ad improvvisarsi novello Sherlock Holmes al fine di individuare il colpevole. Inizierà quindi a “ficcare il naso” dentro e fuori casa, risolvendo nuovi e vecchi enigmi. Perché Christopher farà molte scoperte, perseguirà (e realizzerà) i suoi sogni e riuscirà in un’impresa su cui pochi avrebbero scommesso.
“Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte” è stato prima di tutto un best seller (qui la recensione di mastro Alf). Fu un vero caso editoriale: il primo romanzo per un pubblico adulto, di un autore (Mark Haddon) sino al giorno prima di libri per ragazzi, in un lampo si ritrovò nella mani di tutti, ben oltre i confini nazionali. Non stupisce che i diritti cinematografici si siano presto volatilizzati e la versione teatrale sia stata portata in scena sul nobile palco del National Theatre di Londra.
Luke Treadaway (Christopher)
Photo by Manuel Harlan
Sotto la sapiente e illuminata direzione di Marianne Elliott, il testo adattato da Simon Stephens ha fugato qualunque preconcetto potessimo avere prima che il sipario si alzasse e ha superato le più rosee aspettative. La rappresentazione ha provocato nei presenti stupore, attesa, partecipazione, complicità, gioia e dolore, perché è a dir poco MA-GNI-FI-CA.
La scelta di un palcoscenico semplice, dalle dimensioni raccolte, costellato di led e sotto una pioggia di luce è quanto mai inattesa e strabiliante (una tra tutte, la scala mobile vale da sola una standing ovation). Il cast è travolgente e i passaggi in cui le battute abbracciano piccoli passi di danza sono formidabili. Il giovane Luke Treadaway è un vero mattatore: ogni fibra del suo corpo si trasforma e rende reale e vibrante il suo personaggio.
I mille tic, gli occhi strabuzzati, il sudore copioso e l’affanno, sono la chiave del suo trionfo. L’attore domina ogni scena, conquista in un lampo il pubblico e si fa amare e lodare non solo dai frequentatori abituali dei grandi teatri. E’ Christopher con tutte le sue peculiarità, senza far leva sulla pietas ed evitando strazianti filippiche sulla malattia.
La storia è divertente, le sorprese non mancano e il ritmo non perde un colpo. L’atmosfera è perfetta e noi ridiamo, stiamo sulle spine per la sorte del ragazzo, e rimaniamo incollati allo schermo sino al gran finale. Abbiamo occhi solo per Christopher!
La pièce arriva oggi al cinema e per i prossimi giorni andrà su e giù per la Penisola (QUI l’elenco delle sale). L’applauso deve essere indirizzato a Nexo Digital che, anche questa volta, è riuscita a portare un piccolo gioiello nel cuore del Mare Nostrum. Uscirete traboccando entusiasmo e a fatica vi tratterrete dall’applaudire a sipario alzato. Spettacolo da vedere, non si accettano scuse.
Vissia Menza