Quella dei peruviani era una delle ¨colonie¨ più numerose tra i lavoratori stranieri a bordo della Costa Concordia. Ogni anno in Perù diecimila persone fanno domanda per lavorare nelle crociere della Costa. Solo il 10% viene scelto e per queste persone è come vincere un terno al lotto. Il contratto, infatti, dà loro l’opportunità di ricevere uno stipendio altamente superiore a quelli pagati in patria, dai 700 fino ai 2500 dollari al mese secondo la qualifica. I peruviani vengono reclutati soprattutto attraverso l’agenzia CRC Perù, un centro di formazione per il personale con sede a Lima, fondato otto anni fa e che lavora anche per altre linee in giro per il mondo (Princess, Disney, Cunard tra le altre). I peruviani, però, non sono i soli che si assicurano con l’imbarco sulle navi crociera un cambio considerevole nella loro qualità di vita.
Si è scritto molto in questi giorni che proprio l’eterogeneità delle nazionalità del personale di bordo della Concordia (si parla di circa 60) è stata d’intralcio nelle operazioni di salvataggio. Il fatto è stato rimarcato da diversi passeggeri, che hanno raccontato nei dettagli l’ostacolo rappresentato dall’idioma. Non si può che dargli ragione, visto che le modalità di assunzione delle agenzie che lavorano per la Costa non prevedono la conoscenza della lingua italiana, che appare solo come un optional. Un naufragio, su questi grattacieli galleggianti, è l’ultima delle possibilità e quindi agli addetti viene richiesta la sola esperienza nel loro lavoro. Per pulire le stanze o per preparare il pesce nelle cucine, o magari per tagliare le carte al tavolo da gioco, non è necessario conoscere l’italiano. Da non dimenticare, poi, che la Costa è società italiana solo nel nome: le azioni –e così la proprietà- appartengono dal 2000 alla Carnival, che ha la sua sede operativa a Miami.
Ma perché rivolgersi all’estero quando in Italia esiste una richiesta di lavoro molto alta? Per una ragione semplice. Gli accordi internazionali permettono di pagare la previdenza del lavoratore direttamente nel Paese di origine: logico, quindi, che contrattando i servigi di un addetto filippino o peruviano la Costa (e le altre aziende similari) risparmino milioni di euro sul pagamento della mutua. Si sfugge, con questo sotterfugio, alle severe norme europee per adattarsi a legislazioni inadeguate di paesi in via di sviluppo: quando fa comodo, insomma… Resta il fatto che l’esperimento di società multietnica di cui si vantava la Costa nei suoi depliant (e cito: l’80% dei dipendenti ha meno di 40 anni e proviene da 70 paesi diversi) ha mostrato, nell’emergenza, tutte le sue debolezze. Fallisce perché, in fondo, non é una società giusta, ma completamente iniqua.
Intanto, per tornare al tema latinoamericano, i passeggeri argentini (diciotto in totale) hanno annunciato un’azione legale congiunta per denunciare la Costa. Una delle tante denunce che la compagnia si vedrà arrivare in questi tormentati giorni.