E' li che, camminando sul crinale tra la vita vissuta e e vita sognata (o rappresentata, se così si può dire) che lo spazio della vita vissuta si riduce sempre di più, si restringe, fino a sparire.
E allora per vivere - pensavo guardando le tele dell'ultimo periodo di Van Gogh - bisognerebbe soltanto "fare" e "fare" e "fare" e "fare", non smettere mai di dipingere - mai, nemmeno un istante - o di scrivere, o di comporre, di cercare di costruire un senso, uno qualsiasi, un'altra ipotesi di realtà.
E però poi alla fine c'è questo rischio - annotavo davanti al Campo di grano con volo di corvi - di trasferirsi dall'altra parte, di traslocare dall'altra riva della vita, quella sognata, e lì, per l'appunto, d'improvviso accorgersene, incontrare la morte, alzare la testa, e farla finita.
(Antonio Bajani, I corvi di Van Gogh: ancora qualcosa da spartire con la vita, da L'Indice)