Dall'Età del Bronzo all'Età del Ferro

Creato il 07 febbraio 2011 da Pierluigimontalbano

La fine dell’Età del Bronzo in Sardegna
di Pierluigi Montalbano

A partire dal X a.C. i sardi cambiano organizzazione sociale passando dal sistema gestito da un sovrano a scelte concordate dall’assemblea della comunità.
I nuraghe vengono abbandonati, le cinte esterne e le parti alte abbattute, e alcuni nuraghe importanti vengono trasformati in templi.
In questo periodo si assiste ad un sistematico spoglio dei materiali contenuti all’interno dei nuraghe. Il proliferare dei ripostigli (luoghi nei quali è conservato il “tesoretto” della comunità) segna la fine di un epoca (quella dei regni) e il passaggio ad una società aristocratica gestita dalle famiglie importanti della comunità che sostituiscono i capi tribali che avevano sede nel nuraghe. Il potere passa al villaggio con la comparsa di grandi sale, costruite sopra gli strati del X a.C., destinate all’elezione dei capi.
Una particolarità che inizia in questo periodo è la miniaturizzazione (anche i bronzetti sono espressione di ciò) delle torri che vengono divinizzate e riprodotte in pietra e bronzo. Il nuraghe perde la sua funzione originaria di sede del capo tribale, ma non quella sacra di luogo in cui c’è la divinità o il capostipite. Si riconosce nei costruttori dei primi nuraghe il ruolo di antenati da divinizzare. Evidentemente gli ultimi capi tribali non avevano più rispettato la comunità, o non avevano mantenuto il benessere sociale, e avevano perso il loro ruolo di guide della popolazione. Furono deposti e si cambiò tipologia di organizzazione, mantenendo comunque integro il rispetto nei confronti degli antichi padri della civiltà nuragica.
Il nuraghe è anche la sede di un capostipite e la divinizzazione dell’edificio riguarda sia l’antenato che la sua sede. In pratica si mescolò in un unico simbolo sia il capostipite (costruttore dell’edificio) che l’edificio stesso. Infatti anche nelle necropoli troviamo la rappresentazione dei nuraghe, come a Monte Prama.
Se in antichità ci fu effettivamente l’eroe Norax, come riportato da alcuni autori classici, possiamo spiegare sia il nome dei nuraghe, sia il nome della civiltà, sia il nome dei capostipite.
In questo periodo si passa dall’aniconismo all’antropomorfismo delle statue. Il nuraghe rappresenta l’elemento che sta in mezzo: il betilo aniconico si trasforma nel betilo-nuraghe e, a sua volta, questo si trasformerà in sculture in pietra e bronzo a figura di eroi e dei. Gli strati più antichi dei nuraghe sono scavati o tagliati per sistemare vasche, altari e betili-nuraghe, e questo evidenzia una volontà di divinizzare gli edifici. Bisogna, come sempre consiglio, fare attenzione ai contesti stratigrafici perché gli strati non sono uniformi e si rischia di sbagliare le datazioni: l’elemento più recente data il contesto, ma nello stesso strato ci può essere una risistemazione di strutture ed è facile confondersi.
I modelli di nuraghe in pietra sono rovinati e presentano a volte dettagli di difficile lettura, ma quelli in bronzo sono integri e attraverso questi si può capire come era realizzata la parte terminale delle torri.
Un dato importante che invita ad una seria riflessione è che non esistono bronzetti attribuibili a fasi del Bronzo Finale e che gli animali e le figure antropomorfe rappresentate nelle sculture bronzee sono, a mio parere, da interpretare come divinità.
All’inizio dell’Età del Ferro ci fu l’introduzione della proprietà privata e nei villaggi ci si impadronì dei terreni, mentre prima c’era il capo tribù che decideva a chi darli e a chi toglierli. Si passa dai villaggi alle prime città: ci sono dicasteri, sale del consiglio, palestre e strutture idrauliche, che vanno letti in funzione di un processo di urbanizzazione simile a quello che avvenne nelle città greche. Le case iniziano a presentare molti ambienti, si tratta di case padronali con laboratori, bagni, strutture termali, magazzini e camere per dormire. I sardi in questo periodo erano in rapporto con levantini e greci e iniziarono ad organizzare delle vere e proprie città.
Nell'immagine, la curia del nuraghe Palmavera ad Alghero