Io mi comporto così molto spesso, ma ho imparato a non mettere mano subito a tutte le idee che mi vengono in mente. In genere mi capita di essere attratta da una situazione che fa capolino nella mia testa, ai bordi della mia immaginazione, e la tengo lì, in stand-by per un po’. Ci ricamo attorno, vedo in che modo potrei svilupparla, sbircio un po’ più a fondo per vedere come sono i personaggi coinvolti, se altri potrebbero aggregarsi. Immagino come andrebbe a finire prima ancora di aver pensato a come avviarla. Talvolta inizio a prendere appunti, abbozzo una scaletta, annoto la descrizione dei protagonisti da arricchire un po’ per volta con nuovi dettagli, perlopiù emotivi e psicologici piuttosto che fisici, anche se so benissimo che aspetto hanno i miei personaggi, tanto che potrei riconoscerli se li incontrassi per strada.
Ho un taccuino nero che mi è capitato di sfogliare di nuovo dopo diversi mesi dall’ultima volta in cui ho appuntato qualcosa, e sono rimasta allibita: ci sono almeno tre idee già ben avviate da cui partire per scrivere altrettanti romanzi. Non ne ho mai iniziato uno. Non ancora perlomeno. Forse comincerò, o forse no… Mi piace pensare che le idee non manchino, che siano lì, già pronte. Un giorno capiterà che la mia anima sia solleticata da una di loro, e allora non dovrò fare altro che afferrare la materia e iniziare a modellarla, naturalmente stravolgendo gran parte dell’idea originale.
Ho iniziato così anche “I talenti delle fate“, edito nel maggio 2013 da Triskell Edizioni: niente più che un idea sbiadita. L’ho sviluppata, l’ho modificata, l’ho elaborata. Alla fine è rimasto ben poco di ciò che avevo in mente quando ho cominciato, ma io adoro quando questo accade, significa che ho seguito a ruota libera i miei pensieri, i miei desideri, le mie emozioni. Scrivere è anche questo: lasciarsi trasportare dal proprio sentire e vedere dove condurrà, mescolando il proprio vissuto con il proprio mondo immaginario. Il risultato potrebbe essere incredibile. O magari no. L’importante è divertirsi nel frattempo e cogliere l’occasione per scoprire angoli meno conosciuti di sé.
Uno dei romanzi che avevo annotato nel mio taccuino ha iniziato a prendere forma pochi mesi fa, poi si è arenato all’inizio del secondo capitolo. Non so perché sia accaduto, credo non fosse ancora maturo. Succede anche questo. Forse non sarà mai finito, o forse sto aspettando che capiti quel qualcosa capace di spingermi nella direzione necessaria. L’arte di scrivere è imprevedibile, proprio per questo mi piace. Mentre aspetto che quel lavoro giunga al punto di maturazione ho rimesso mano a un altro romanzo la cui prima stesura risale ad almeno sei anni fa. Lo sto limando, guarnendo, rimpolpando, lo sto rendendo più simile alla me di adesso, che non è affatto la stessa persona che l’ha cominciato. Quando sarà finito mi rispecchierà molto di più. Poi magari rimarrà lì fermo ancora per qualche tempo… e so che potrei rimetterci mano… e so che sarebbe un altro lavoro, diverso, nuovo. Ancora più simile alla donna che sarò. Non importa che qualcuno lo legga; io saprò di averlo scritto. E nel farlo avrò dato voce a un pezzetto della mia anima. Uno dei tanti.
Antonella Arietano