Una donna che prende a pugni i compagni molestatori in palestra, una cantante che si ribella ai commenti salaci degli spettatori, un’attrice che non accetta ruoli fondati solo su movenze sessuali, una fotografa che vorrebbe spazi alla creatività e non solo al mercato, una casalinga che vorrebbe fare affari e si sente soffocata dalle pretese del marito, una donna che indossa un candido vestito da sposa e la sposa è una sua amica. Ha inizio con scoppiettanti sequenze un inatteso film “Angry Indian Goddeness” (Arrabbiate dee indiane), presentato alla festa di Roma, per la regia di Pan Nalin (tra i suoi documentari: Amazing World India, Samsara, Ayurveda, Faith Connections, Buddha: The Inner Warrior).
Appare inatteso questo suo nuovo lungometraggio perché le sette donne protagoniste raccontano storie vissute in una società considerata assai conservatrice. E mettono in piazza una voglia di rivolta, fino all’amaro epilogo finale che non raccontiamo per non deludere i possibili futuri spettatori. Ed è interessante constatare come questa Festa romana, mentre il nostro Parlamento stenta a trovare una soluzione a tematiche vicine a quelle qui esposte (il riconoscimento alle coppie gay), proponga, accanto a “Angry Indian Goddesses”, un’altra pellicola dedicata all’ amore lesbico ovvero “Freeheld” di Peter Sollett. Mentre sugli schermi ha successo “Io e lei” di Maria Sole Tognazzi, tenero racconto di amori femminili. Un segno dei tempi e della voglia di cambiare.
Le nostre dee indiane arrabbiate sono sette già compagne di scuola, quando “volevamo dominare il mondo”. Eccole ora radunarsi in una specie di “Grande freddo” tra Goa e Mumbai. Le presentazioni ufficiali parlano non a sproposito di “un potente ritratto del nuovo potere delle donne nella contemporanea società indiana”. Nel loro lungo incontro, in attesa delle nozze, ciascuna racconta la propria storia, le proprie problematiche, i propri desideri di amore, di sesso, di lavoro aderente alle proprie capacità e speranze. Un incrociarsi di esperienze, di risate e amarezze, fino a rivendicare, per gioco, un ruolo simile alla dea “Kali”, terribile divinità hindu. Al centro della scena è Freida (interpretata da Sarah Jane Dias), fotografa di moda nonché futura sposa. Le altre sei protagoniste sono Sandhya Mridul, Tannishtha Chatterjee, Anushka Manchanda, Amrit Maghera, Rajshri Deshpande and Pavleen Gujral.
Una settimana di convivenze, di fuochi di artificio, a volte troppo prolungati, fino all’”addio al celibato”, promosso sulla spiaggia di Goa dalle due amiche più care. Con un epilogo drammatico che non confesseremo ma che solleva un applauso liberatorio persino nella sala riservata alla proiezione stampa.
Il regista Pan Nalin ha avuto modo di rispondere a una domanda sulle difficoltà nell’affrontare tali tematiche sottolineando come “senza rischi non ci sarebbe stata nessuna trasformazione storica”. E ha aggiunto. “"Abbiamo combattuto, per quanto riguarda il modo in cui abbiamo fatto il film. La stessa raccolta dei fondi necessari è stata una grande lotta e per realizzarlo una grande battaglia. Così come per portarlo in giro per il mondo”. Una realizzazione che potrà sollevare obiezioni o critiche ma non potrà non essere riconosciuta come un contributo importante al movimento delle donne. E alla lotta contro quel fenomeno che noi in Italia chiamiamo “femminicidio” e che in India, racconta una didascalia delle “Goddesse” indiane, costa una donna violentata ogni 20 minuti.