Dalla famiglia Dơn

Creato il 26 aprile 2014 da Enricobo2

Mu Cang Chai


L'homestay Dơn

La famiglia Dơn appartiene all'etnia dei Thai bianchi e vive in una grande palafitta tra un gruppo di case al limite delle risaie, prima che cominci il bosco. E' una casa grande, fatta di legni solidi che scricchiolano piacevolmente al passaggio, un segno evidente di un certo livello di benessere, forse incrementato dal momento che ha deciso di ospitare turisti di quando in quando. Anzi, conscio delle necessità di chi arriva, ha anche provveduto a suddividere gli spazi del grande stanzone tradizionale con tende stese tra un trave l'altro, creando la sensazione di ambienti separati. Fai due passi tra le case mentre cala la sera  e le ombre sottili delle pianticelle di riso appena trapiantato si allungano e senti soltanto le rane che cominciano il loro concerto, qualche grugnito di maialini piccoli e scuri e uno squacquerar di papere che attraversano il sentiero di corsa per buttarsi nel canale. Passeggi e subito trovi chi ti invita a entrare dalla soglia di una capanna, chi soltanto ti saluta, mentre un contadino che sta arrivando dal mercato ti vorrebbe invitare a bere da qualche parte, offerta declinata visto il passo già malfermo del tipo che pare reggersi alla bicicletta più che guidarla. Una atmosfera agreste comune a tanti paesi di un tempo sul far della sera, quando dopo una certa ora, tutto diventa silenzioso e solo poche luci fioche punteggiano la notte fresca. Il signor Dơn è piuttosto giovanile, anche se poi risulta avere quasi sessanta anni. Forse perché ha i capelli nerissimi. Se li tinge una volta alla settimana, un vezzo piuttosto comune tra gli uomini indocinesi, anzi mi suggerisce di seguire il suo esempio, sembrerei molto più giovane a suo parere, guadagnandone notevolmente in fascino. 

La signora Dơn

Intanto la moglie, una Thai alta e magra, che ha ormai sostituito la tradizionale blusa azzurra con una giacca attillata e una moderna T-shirt, ma che la tradizionale gonna stretta e lunga fino ai piedi e il copricapo multicolore, fanno apparire flessuosa ed elegante, va a preparare la cena con le verdure dell'orto. Avremo frittate, maialino e pesce fermentato. L'orcio in cui è conservato, dietro la casa, si individua anche ad occhi chiusi. Mentre si prende un thè dal profumo molto affumicato, un vicino non sa resistere e dopo aver sostato un po' a curiosare dietro alla staccionata, viene direttamente a prendersene una tazza, troppo forte la voglia di partecipare alla novità. E' piuttosto anziano e non si intromette nei discorsi, osserva e beve il suo thè con compunta serietà. Poi come è venuto se ne va con un cenno della mano. Si cena nello stanzone comune della palafitta accoccolati sul pavimento di legno sulla stuoia stesa tra i cuscini. Il signor Dơn era troppo piccolo per partecipare alla guerra, ma non così giovane per scampare a tutti gli avvenimenti successivi, così fu arruolato e stette lunghi anni attraverso la frontiera col vicino Laos a controllare e contrastare gruppi di "banditi" che infestavano le montagne. Sembra pensare a quei tempi con l'atteggiamento del reduce che ricorda i vari episodi con una sorta di rimpianto verso la giovinezza che se ne è andata. La moglie invece, non parla di fatti riferiti ad allora, forse per la naturale ritrosia femminile o perché forse preferisce dimenticare quel tempo. Si fa seria e sparecchia velocemente alla luce bassa delle lampadine tremolanti. 

La campana del villaggio

Fuori la notte è chiara. La luna, quasi piena, è uscita da dietro le montagne e le risaie che salgono diritte verso il cielo sembrano gradoni di piramidi azteche che ritagliano i loro scalini nel buio della notte. L'aria è frizzantina, d'altra parte siamo quasi a mille metri. Sul bordo della risaia una sagoma nera è appesa immobile, ad un trespolo. Sembra una campana, forse serve oggi per chiamare a raccolta il villaggio in caso di necessità, forse serviva un tempo per dare un allarme. Da vicino vedi che non è una campana vera, ma la parte superiore di una bomba da 250 chili, una grande calotta di metallo recuperata dopo i bombardamenti che da queste parti avevano colpito forse per sbaglio e messa lì, riutilizzata di certo proprio per difendersi da altre come lei. Il silenzio è quasi assoluto, anche se sei immobile, le ranocchie sentono la tua presenza e tacciono. Forse qui i sensi si sono più accuiti col tempo. Si dorme bene sotto le zanzariere spesse e neanche ti accorgi del russare più o meno leggero dei tuoi vicini. Odore di legno stagionato e di terra umida, di campagna grassa e ferace. Chiudi gli occhi tranquillo sotto la protettiva copertura di eternit. Non ti sveglierebbe neppure la luce del mattino che penetra attraverso le imposte leggere, ma gli altoparlanti appesi ad alti pali, che non avevi notato la sera prima, cominciano a gracidare le notizie e gli slogan di partito già verso le sei e mezzo e così a poco a poco tutti cominciano la giornata stropicciandosi gli occhi. Ti accomodi sulle panche sotto la palafitta a mangiare pancakes e miele scuro e profumato e ti giri intorno e vedi che da ogni casa o capanna spunta una lunga asta con la bandiera rossa nazionale con la stella gialla al centro, molte altre invece riportano la falce e martello. Dalla parete dello stanzone comune un ritratto sorridente di zio Ho, senza apparente severità, ti guarda intensamente accarezzandosi la lunga barbetta bianca. 

Zio e zio


SURVIVAL KIT
A Mu Cang Chai - Homestay famiglia Dơn - Appena fuori dal paese. Molto gradevole, zanzariere e free wifi, ma portatevi gli asciugamani che non sono previsti. possibilità di bei trekking nella zona, più faticosi per i dislivelli più impegnativi della montagna, tra villaggi H'mong bianchi e neri, Thai, Nung e Dzao rossi. Anche questa zona è poco turisticizzata, per cui sarete sempre accolti con molta cortesia e curiosità.
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