E’ perciò da quando Vladimir Putin ha (è il caso di dirlo) gelato tutti annunciando la rinuncia a South Stream, quei Paesi divenuti improvvisamente orfani del gas russo hanno cominciato a indicare il quello proveniente dall’Azerbaijan come un sostituto, seppur parziale. Pochi giorni fa il premier ungherese Viktor Orban ha citato in un intervento «i buoni rapporti» tra Budapest e Baku nel settore energetico, come anche il suo omologo croato Zoran Milanovic ha dichiarato che la chiusura di South Stream non avrà ricadute sulla vita del Paese balcanico, poichè Zagabria ha ulteriori fonti di approvvigionamento: fonti che hanno le fattezze del TAP, il gasdotto transadriatico che porterà il gas azero in Puglia, da dove poi verrà smistato in Croazia. Il TAP sarà il segmento finale del costruendo Southern Gas Corridor, la colossale infrastruttura con la quale l’Azerbaijan ambisce ad un ruolo di primo piano tra i fornitori energetici d’Europa.
Sebbene i 10 miliardi di metri cubi di gas iniziali che Baku porterà nel Vecchio Continente non siano paragonabili al quantitativo fornito da South Stream, il Southern Gas Corridor aprirà una nuova “rotta” attraverso la quale arriverà in Europa gas proveniente anche da altri giacimenti azeri e turkmeni, a cui in futuro potrebbero aggiungersi anche quelli iraniani. Tutto ciò farà dell’Azerbaijan un partner privilegiato dell’Ue, sia come fornitore sia come nazione di transito: aspetto di cui l’Europa se ne sta pian piano rendendo conto.