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Dallas Buyers Club: Perfetto Inno alla Tolleranza e alla Vita

Creato il 31 gennaio 2014 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Matteo Vergani 31 gennaio 2014 cinema, primo piano, vedere Nessun commento

Ron Woodroof (Matthew McConaughey) è un rude texano, tossicodipendente, omofobo, alcolizzato ed amante delle belle donne che conduce un’esistenza vuota e sregolata. In seguito ad un controllo medico dovuto ad un malore, gli viene diagnosticato il virus dell’HIV e i medici non gli danno che trenta giorni di vita. Preso in contropiede, l’uomo decide di affidarsi ad una cura sperimentale a base di AZT (azidotimidina), un farmaco innovativo e pronto per essere approvato dalla Food and Drug Administration (FDA). Durante la sua degenza in ospedale, Ron fa la conoscenza di Rayon (Jared Leto), giovane trans con cui instaurerà col tempo un’inaspettata e profonda amicizia. Dopo un viaggio in Messico per procurarsi alcune scorte illegali di una medicina purtroppo troppo costosa per la maggior parte dei malati, Ron viene a conoscenza che questa nasconde anche terribili effetti collaterali. Decide così di ritornare negli Stati Uniti con una nuova cura sperimentale non ancora approvata ufficialmente, e per questo fonda il Club degli Acquirenti di Dallas, un’associazione che si occupa di offrire assistenza medica a pagamento per tutti i malati di AIDS reduci dagli effetti nefasti dell’AZT. Grazie all’aiuto del fidato Rayon e della dottoressa Eve (Jennifer Garner), Ron tenterà di resistere all’ostracismo e agli attacchi di vari enti governativi e del corpo medico, combattendo per denunciare l’oscurantismo mediatico e difendere la possibilità di offrire una nuova speranza a coloro che ormai hanno perso la loro fiducia nella vita.

Dallas Buyers Club: Perfetto Inno alla Tolleranza e alla Vita

Gli anni ’70 e ’80 sono stati investiti dal grande problema della sperimentazione farmaceutica a fronte delle nuove piaghe sociali, che hanno trovato nella tossicodipendenza e nella sieropositività i loro fenomeni prevalenti. Un’epoca di grande paura e di incertezza, anche a causa di un corpus medico impreparato e ancora troppo legato ad una visione accademica. Questo è di fatto lo sfondo su cui nasce, cresce e si sviluppa Dallas Buyers Club, il nuovo gioiello cinematografico (pienamente in profumo di Oscar) firmato da Jean-Marc Vallée, autore di grande talento tecnico e capace di orchestrare opere profonde e struggenti, come dimostrano gli antecedenti di The Young Victoria (2009) e Café de Flore (2011). Il regista confeziona un vero e proprio ritratto d’epoca (siamo nella seconda metà degli anni ’80), perfettamente bilanciato tra un cinismo estremo e una drammaticità sconvolgente e cruda, il tutto condito da una sana dose di humour tipicamente americano e una cornice di moralismo per nulla fuori luogo. Partendo da una splendida e solidissima sceneggiatura scritta a quattro mani da Craig Borten e Melisa Wallack, il film si dipana tra i sobborghi di un Texas assolato ed omofobo, pieno di grassa virilità made in USA e personaggi in cerca di un’evasione, passando per le terre corrotte del Messico dove tutto è possibile, fino a giungere nella gaia Los Angeles, città calda e passionale, dove la comunità gay si trova a dover combattere giorno dopo giorno contro la falce inarrestabile del virus che non perdona.

Dallas Buyers Club: Perfetto Inno alla Tolleranza e alla Vita

Una sana e profonda riflessione sul tema dell’emarginazione e dell’esclusione che la malattia porta con sé, una chiara denuncia all’ignoranza discriminante che non si vedeva più dai tempi di Philadelphia (1993) di Jonathan Demme. Di fronte al conservatorismo medico, ecco che anche la salvezza e la speranza finiscono per essere fagocitati dalla speculazione farmaceutica, portando il nostro eroe di turno, un perfetto bad boy archetipico di quanto di più corrotto e nefasto ci può essere al mondo, a dover per così dire arrangiarsi, negare i propri principi omofobi e sessisti per allearsi col trans-nemico e fondare un’associazione della salvezza, unico baluardo fai da te con cui poter dare speranza a coloro che non hanno più nulla, né vita né legittimazione. Inizialmente mosso da sani interessi economici, il nostro protagonista finirà per vivere la propria esperienza come una vera catarsi drammatica, una cura per l’anima e il corpo che lo porteranno a diventare un essere migliore. Lo stupendo Matthew McConaughey (Golden Globe come migliore attore protagonista per questo ruolo), dopo un dimagrimento forzato di oltre 25 chili, si trova ad interpretare il rude Ron, dando al personaggio una profondità e una concretezza tali da non far percepire per nulla allo spettatore la finzione scenica.

Dallas Buyers Club: Perfetto Inno alla Tolleranza e alla Vita

Recitazione perfetta, mai sotto tono o eccessiva, equilibrata nel suo contesto generale e capace di strappare anche qualche buona lacrima. Il musicista Jared Leto (cantante e chitarrista della band 30 Seconds to Mars), ben noto sul grande schermo fin dai tempi di La sottile linea rossa (1998), Requiem for a Dream (2000) e Panic Room (2002), compie una vera metamorfosi nei panni di Rayon, racchiudendo il suo talento in un corpo aggraziato e filiforme che il make-up riesce a rendere più che ambiguo. Un cast nel complesso molto al di sopra della media che, capace di rendere oltre ogni previsione e di sfiorare il capolavoro, si ritrova in perfetta simbiosi con un’opera struggente e priva di difetti apparenti, un’opera stilisticamente impeccabile grazie al montaggio di Martin Pensa e alla fotografia di Yves Bélanger, complementari alla puntigliosa ricostruzione storico-scenografica di John Paino. Un film ragionato e che fa ragionare e che riflette i timori e le insicurezze di un’epoca in cui solo la fraternità e la condivisione possono vincere le differenze di sesso e di cultura, ma anche la morta stessa.

Dallas Buyers Club: Perfetto Inno alla Tolleranza e alla Vita


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