Dalle morti bianche, “Rinascerò”

Creato il 14 ottobre 2015 da Annagiuffrida @lentecronista

Le chiamavano ‘morti bianche’, ma oggi non ci si ricorda più neanche il significato di questa macabra definizione. L’opinione pubblica ha fatto scendere un pesante sipario su queste realtà. Il teatro, invece, ha scelto di alzarlo. E parlarne.

“Uno cade, puf, muore, uno cade, puf, rimane infortunato, l’altro cade, puf e basta”, recita la nota di regia dell’attrice Marica Roberto. E’ quanto accade ogni giorno, in campi di pomodori, in cantieri, ma anche sulle strade o sui palcoscenici. Ovunque. In qualsiasi posto si lavora può capitare di cadere, di infortunarsi e in certi casi persino morire. Un diritto, il lavoro, che priva tanti del diritto alla vita e alla salute.
Una lista, quella dei lavoratori senza tutele, che periodicamente si allunga e di cui nessuno si (pre)occupa.
Alcune di queste storie silenziose, confinate a fatti personali, sono arrivate sul palco di un teatro la scorsa settimana, il Teatro dell’Angelo a Roma, raccontandosi con la forza musicale e coreografica del tango, con i suoni metallici dei ponteggi e con la forza interpretativa di Marica Roberto. L’attrice e autrice della pieces teatrale “Renaceré_Rinascerò”, già autrice di altre opere di denuncia sociale, porta sulle sue spalle le storie di Malik, Maria, Maurizio e di tanti altri uomini e donne: vite ridotte ad un manichino senza forma né volto, di cui l’attrice siciliana diventa estensione.

Un dossier teatrale che in 80 minuti ha raccontato tante realtà piene di ombre e contraddizioni. Quella di un immigrato che lavora nei campi per guadagnare pochi euro per sé, e soprattutto per la moglie e la figlia che vivono lontano, il cui lavoro sfruttato è l’unica opportunità per salvarsi dalla clandestinità. “Come se una persona non fosse, ma una persona è…”, ripete in scena con voce convulsa Marica Roberto. E’ anche il caso dell’operaio che lavorando resta folgorato, ma sopravvive. Sopravvive mutilato nel corpo e nel suo diritto di lamentarsi.
La magia e la bellezza del teatro abbattono però questo muro di indifferenza e, in un toccante tango con carrozzina, si restituisce normalità anche ad un corpo ferito dalla disabilità.

Ma dietro questo drammatico bollettino dai luoghi di lavoro, che non fa notizia nonostante i numeri parlino di migliaia di morti l’anno, ci sono anche intere famiglie che perdono padri/madri, mogli/mariti, figli/figlie. Un dolore a cui il capo carrozzone/Marica Roberto non intende piegarsi. E nel cantiere svuotato del palcoscenico, di fronte ad un caschetto da lavoro intatto, l’attrice recita una preghiera laica: “Senza fine. Senza casco cadi giù…”. Proseguendo in musica con l’augurio finale: “Rinascerò nell’anno 3001, e questo Paese di nuovo si rifonderà!”. E’ un moto di ribellione, ma soprattutto una speranza. E’ una rinnovata cultura del diritto al lavoro, ma anche un impegno in favore del diritto a vivere, anche dignitosamente, di ogni lavoratore. Qualsiasi sia il suo lavoro.