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Dalle pagine dell’Arkham Advertiser. La famiglia Linch. Capitolo 1

Creato il 09 febbraio 2016 da Johnny @Cornerhouseroma

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S l i d e r a a u t d g!!!!

La casa era vuota, silenziosa, come abbandonata. Duke, il mio cane, era irrequieto era ovvio che non avesse voglia di restare li a lungo e neppure io. Pensavo che, Beh, in fondo questi erano soldi facili. Cosa mai avremmo dovuto trovare qui? Quell’uomo, Lynch di sicuro era scappato da questa casa. Con la scomparsa del figlio e della moglie in così poco tempo, avrà di certo perso la testa e chi può dire come può aver reagito.

Questo caso ci fu affidato dal socio del signor Lynch il signor Wilson preoccupato che gli effetti di questa tragedia possano ripercuotersi sui guadagni della società. D’altronde, per stessa confessione di Wilson: “il merito del successo della nostra fabbrica era tutto di Lynch” e poi devo ammettere la faccia di quel tizio non mi piaceva per niente. Volevo chiudere tutto in fretta.

Con me c’erano Kate Withdrop una delle ricercatrici dell’università della Miskatonic e il vecchio professore ora in pensione il signor Harvey Walters esperto in letteratura antica. Ho sempre trovato strano come io e lui fossimo amici. Bah in fondo se stava bene a lui chi ero io per giudicare. Harvey ed io stavamo seguendo alcuni strani casi archiviati dalla polizia come “suicidi” ma che avevano troppi elementi in comune per essere classificati come eventi senza collegamento. Poi così tanti in sei mesi era ovvio che qualcosa non quadrava. Ma alla polizia evidentemente stava bene così, a me invece no, come non stava bene a tante altre persone che in questi mesi avevano perso le persone che amavano. In tutti questi suicidi c’era un elemento affine come diceva sempre Harvey: la presenza di tracce di una setta che vent’anni fa era stava fermata dal commissario Legrasse. Una setta veramente pericolosa che credeva nell’esistenza di divinità extra terrestri che chiamavano antichi che presto si sarebbero risvegliati a avrebbero di nuovo preso possesso della terra.

Devo essere sincero, non capivo il perché della presenza della dottoressa Withdrop, ma Wilson aveva chiesto espressamente di lei, era una scienziata, studiava chimica se avevo capito bene, non era ne un medio ne uno psicologo quindi qual’era il suo scopo qui?

Cominciai a guardarmi intorno quando il rumore di una porta sbattuta violentemente proveniente da una delle stanze a destra sopra le scale squarciò questo apparente silenzio, facendoci tutti sussultare per un istante.

“Ma questa casa non doveva essere disabitata?” pensai rapidamente. Maledizione.
“Dottoressa mi aspetti qui e non si muova mi raccomando non abbiamo tempo per altre sorprese”. Corsi subito in quella direzione e Harvey più lento mi seguì.

Salii rapidamente le scale a grandi passi, lasciai l’atrio di ingresso e prosegui sino alla fine del corridoio dopo la prima porta sino a raggiungere una porta metallica. L’unica che ha mio parare avrebbe potuto fare tutto quel rumore.
Feci forza per aprire la porta, era di metallo molto spesso che aprendosi fece un baccano incredibile e subito dopo mi accorsi di come la stanza fosse buia e fredda. C’era un piccolo pannello elettrico fuori dalla stanza provai a metterci le mani per cercare di capire se ci fosse qualche filo staccato e con un po’ di fortuna tornò la luce.

Credetti subito di essere capitato dentro ad un laboratorio medico. Mi guardai intorno a capii subito che mi stavo sbagliando, faceva dannatamente freddo si trattava di una cella frigo mio dio. Si sentiva chiaramente l’odore di sangue. Cosa ci facesse un stanza del genere dentro ad una villa non ne avevo idea mi voltai ancora e con mio disgusto trovai un figura sul lettino: Sul tavolo operatorio giaceva il corpo devastato e sanguinaeo di un uomo attorno ad esso strumenti arrugginiti attrezzi rudimentali l’uomo era senza pelle mi avvicinai per vedere se era ancora vivo, sentii il suo flebile respiro, capii che stava cercando di parlare e mi accostai al suo viso. mi sussurò in preda l’orrore con la sua bocca senza labbra: oh Dio voleva la mia carne.  Col suo ultimo respiro mormorò ancora “durante la notte mi lascia in pace”. Il corpo era legato al lettino con una catena agganciata al braccio sinistro tramite un bracciale molto stretto e completamente sanguinante.

“Qui c’è qualcosa che non va” mi disse Harvey “quarda, vedi quel segno? è una runa e le incisioni sul lucchetto sono gli stessi simboli che abbiamo già visto altrove” .

“Bisogna scoprire il significato di questi segni se vogliamo capirci qualcosa.” mi disse osservano il lucchetto che ora teneva tra le mani.

Era la conferma che cercavamo, o che forse in realtà non avremmo voluto trovare, anche in questo caso fin’ora completamente trascurato dalla polizia c’era la possibilità che quella setta avesse a che fare con questo delitto.

“Ora andiamocene” disse Harvey.

“Aspetta, Non possiamo lasciarlo qui e se fosse il Signor Linch?

“No non lo è! Mi rispose.

“Il signor Linch è alto quasi un metro e ottanta questo corpo non supera il metro e sessanta”

“Guarda questa foto, Linch è più alto del Signor Wilson che è più o meno alto come te.” Mi mostrò un ritaglio di giornale.

“Si mi hai convinto, ma vuoi lo stesso lasciare qui il cadavere?”

“meno tracce delle nostra presenza lasciamo, meglio è”.

“Qui non siamo soli, qualcuno è stato in questo luogo proprio prima di noi”

“Sicuro che il rumore venisse da qui giusto?”

“Penso di Si” gli risposi. “Non ho visto venendo altre porte che avrebbero fatto lo stesso baccano”

Sul volto di Harvey non vi era convinzione ma dubbio. Glielo lessi in faccia. “Forse mi sono fatto prendere dalla fretta e non ho valutato bene. Forse sono stato troppo impulsivo.” Ancora una volta, pensai.

Decidemmo quindi di tornare di corsa indietro quando un urlo d’aiuto arrivò come un fulmine alle nostre orecchie. Kate!


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