È straordinario rivedere uno dei miei artisti preferiti in assoluto dopo 5 anni e trovare che ancora sa suscitare fortissime emozioni nonostante – emotivamente parlando – siano in realtà passati 5 secoli nella mia vita da quel lontano luglio 2007. Damien Rice, il grande cantautore irlandese che ha stupito il mondo con la sua poesia, provando quanta ispirazione ci sia ancora nel mondo di oggi, era a Ferrara lo scorso venerdì. Avrebbe dovuto esibirsi, come la scorsa volta, nel cortile del palazzo estense, ma ancora una volta il terremoto che ha devastato l’Emilia ha costretto a spostare lo spettacolo al Motovelodromo che manca della poesia dell’altra cornice. Ma ci ha pensato Damien ad aggiungere la poesia che mancava, con un’esibizione eccezionale. Da solo sul palco per più di due ore – con due soli brevi interventi di percussionisti – Damien ha dimostrato, a mio parere, di avere mantenuto la sua straordinaria capacità di rendere quotidiana e accessibile la poesia attraverso le canzoni, e di avere allo stesso tempo migliorato le sue doti di musicista come cantante, chitarrista e pianista. Ha iniziato salutando in italiano (ricordando che ha vissuto in Toscana facendo il mezzadro, prima di riprovarci con la musica nella natia Dublino!) e raccontando un aneddoto: cosa farebbe un giovane ragazzo se ogni giorno avesse un milione di euro da spendere? Ebbene, ciò non è vero ma egli ha pur sempre ogni giorno un milione di spermatozoi … così è partito con “The professor and la fille danse” il bellissimo pezzo metà in inglese e metà in francese (come amo il multilinguismo!). Poi la dolcissima “Delicate” che il pubblico ha adorato. Poi un po’ di carica con la splendida ballata “Coconut skins” con cui già qualcuno si è alzato in piedi e ha iniziato a battere le mani a tempo. Poi è stata la volta di “Fool” uno dei molti pezzi che lui esegue dal vivo ogni tanto ma che non sono mai stati pubblicati: io penso che un vero artista debba avere un serbatoio di canzoni che non si riducono alle fredde liste del retro di copertina dei cd: “Fool” mi ha sopreso, non mi aspettavo un pezzo nuovo. Poi Damien ha lasciato la sua amata chitarra classica e si è messo al piano per fare la splendida “9 crimes”, seguita da uno dei miei pezzi preferiti “I remember”: si tratta di un pezzo incredibilmente nostalgico ma lui lo ha introdotto in modo spiritoso dicendo che è uno dei pezzi di cui si dimentica spesso il testo nonostante di intitoli così! (il testo lo sapeva poi benissimo…). Subito dopo “Elephant” si è rivolto direttamente al pubblico chiedendoci che cosa volevamo sentire: in vari hanno risposto “Insane” un pezzo bellissimo e vecchissimo, scritto prima dell’inizio della sua avventura solista: e lui l’ha fatta! Non l’avevo mai sentito e ha un testo favoloso. Si è poi rimesso al piano e ha fatto “Accidental babies” che mi ha commosso: è stato per me il momento emotivamente più intenso del concerto. Ma Damien non aveva smesso di stupire: ha chiamato il pubblico vicino (tutti di corsa sotto il palco) e ha suonato “Cannonball” senza microfono e senza elettricità: this is the real unplugged! Con “Volcano” ha coinvolto il pubblico facendolo cantare a pezzi la canzone in base alla zona in cui ci si trovava (e ci ha detto che siamo stati bravissimi). Per suonare “Cold water” ha chiesto di spegnere tutte le luci del palco: siamo rimasti al buio sotto la luna ad ascoltarlo. Poi finalmente ha fatto “The blower’s daughter” che hanno cantato in tanti con lui. E infine ha preparato una grande sorpresa: ha inscenato una sorta di sketch teatrale; ha invitato una ragazza sul palco (pare una sua amica) poi l’ha fatta accomodare insieme a lui accanto a un tavolino su cui erano posati una bottiglia di vino italiano e due bicchieri: ecco che i due si sono scolati la bottiglia mentre lui raccontava di questo incontro in un pub di Dublino tra un ragazzo e una ragazza, un incontro bellissimo che però non finisce bene in quanto poi lei dice di essere già impegnata. Finito il racconto ha cantato “Cheers darlin’” facendo finta (?) di essere ubriaco… e scambiandosi la sigaretta con la ragazza rimasta al tavolino.. splendida esibizione con cui ha salutato e concluso. Nessun nuovo album per Damien Rice ma un’eccezionale riproposizione dei pezzi che lo hanno reso così amato in tutto il mondo, dagli album “O” e “9”. Ma soprattutto Damien a Ferrara aveva tanta voglia di raccontare, di raccontarsi e di interagire con il pubblico. Otre la grande stima verso l’artista e verso l’uomo che ha saputo affrontare il successo in un modo originale senza farsi troppo coinvolgere, Damien per me rappresenta tutto ciò che vorrei essere e che mai sarò. Nessuna invidia, solo grande ammirazione e un po’ di amarezza nei confronti della mia mediocrità artistica.
È straordinario rivedere uno dei miei artisti preferiti in assoluto dopo 5 anni e trovare che ancora sa suscitare fortissime emozioni nonostante – emotivamente parlando – siano in realtà passati 5 secoli nella mia vita da quel lontano luglio 2007. Damien Rice, il grande cantautore irlandese che ha stupito il mondo con la sua poesia, provando quanta ispirazione ci sia ancora nel mondo di oggi, era a Ferrara lo scorso venerdì. Avrebbe dovuto esibirsi, come la scorsa volta, nel cortile del palazzo estense, ma ancora una volta il terremoto che ha devastato l’Emilia ha costretto a spostare lo spettacolo al Motovelodromo che manca della poesia dell’altra cornice. Ma ci ha pensato Damien ad aggiungere la poesia che mancava, con un’esibizione eccezionale. Da solo sul palco per più di due ore – con due soli brevi interventi di percussionisti – Damien ha dimostrato, a mio parere, di avere mantenuto la sua straordinaria capacità di rendere quotidiana e accessibile la poesia attraverso le canzoni, e di avere allo stesso tempo migliorato le sue doti di musicista come cantante, chitarrista e pianista. Ha iniziato salutando in italiano (ricordando che ha vissuto in Toscana facendo il mezzadro, prima di riprovarci con la musica nella natia Dublino!) e raccontando un aneddoto: cosa farebbe un giovane ragazzo se ogni giorno avesse un milione di euro da spendere? Ebbene, ciò non è vero ma egli ha pur sempre ogni giorno un milione di spermatozoi … così è partito con “The professor and la fille danse” il bellissimo pezzo metà in inglese e metà in francese (come amo il multilinguismo!). Poi la dolcissima “Delicate” che il pubblico ha adorato. Poi un po’ di carica con la splendida ballata “Coconut skins” con cui già qualcuno si è alzato in piedi e ha iniziato a battere le mani a tempo. Poi è stata la volta di “Fool” uno dei molti pezzi che lui esegue dal vivo ogni tanto ma che non sono mai stati pubblicati: io penso che un vero artista debba avere un serbatoio di canzoni che non si riducono alle fredde liste del retro di copertina dei cd: “Fool” mi ha sopreso, non mi aspettavo un pezzo nuovo. Poi Damien ha lasciato la sua amata chitarra classica e si è messo al piano per fare la splendida “9 crimes”, seguita da uno dei miei pezzi preferiti “I remember”: si tratta di un pezzo incredibilmente nostalgico ma lui lo ha introdotto in modo spiritoso dicendo che è uno dei pezzi di cui si dimentica spesso il testo nonostante di intitoli così! (il testo lo sapeva poi benissimo…). Subito dopo “Elephant” si è rivolto direttamente al pubblico chiedendoci che cosa volevamo sentire: in vari hanno risposto “Insane” un pezzo bellissimo e vecchissimo, scritto prima dell’inizio della sua avventura solista: e lui l’ha fatta! Non l’avevo mai sentito e ha un testo favoloso. Si è poi rimesso al piano e ha fatto “Accidental babies” che mi ha commosso: è stato per me il momento emotivamente più intenso del concerto. Ma Damien non aveva smesso di stupire: ha chiamato il pubblico vicino (tutti di corsa sotto il palco) e ha suonato “Cannonball” senza microfono e senza elettricità: this is the real unplugged! Con “Volcano” ha coinvolto il pubblico facendolo cantare a pezzi la canzone in base alla zona in cui ci si trovava (e ci ha detto che siamo stati bravissimi). Per suonare “Cold water” ha chiesto di spegnere tutte le luci del palco: siamo rimasti al buio sotto la luna ad ascoltarlo. Poi finalmente ha fatto “The blower’s daughter” che hanno cantato in tanti con lui. E infine ha preparato una grande sorpresa: ha inscenato una sorta di sketch teatrale; ha invitato una ragazza sul palco (pare una sua amica) poi l’ha fatta accomodare insieme a lui accanto a un tavolino su cui erano posati una bottiglia di vino italiano e due bicchieri: ecco che i due si sono scolati la bottiglia mentre lui raccontava di questo incontro in un pub di Dublino tra un ragazzo e una ragazza, un incontro bellissimo che però non finisce bene in quanto poi lei dice di essere già impegnata. Finito il racconto ha cantato “Cheers darlin’” facendo finta (?) di essere ubriaco… e scambiandosi la sigaretta con la ragazza rimasta al tavolino.. splendida esibizione con cui ha salutato e concluso. Nessun nuovo album per Damien Rice ma un’eccezionale riproposizione dei pezzi che lo hanno reso così amato in tutto il mondo, dagli album “O” e “9”. Ma soprattutto Damien a Ferrara aveva tanta voglia di raccontare, di raccontarsi e di interagire con il pubblico. Otre la grande stima verso l’artista e verso l’uomo che ha saputo affrontare il successo in un modo originale senza farsi troppo coinvolgere, Damien per me rappresenta tutto ciò che vorrei essere e che mai sarò. Nessuna invidia, solo grande ammirazione e un po’ di amarezza nei confronti della mia mediocrità artistica.
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