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Dan Marinos: inutile finanziare le testate che escono in edicola; hanno sempre meno rilievo

Creato il 07 ottobre 2012 da Cremonademocratica @paolozignani

Dan Marinos replica all’articolo, per non dire omelia, di don Pizzarro (per leggerla clicca qui), che sottolineava l’importanza del finanziamento pubblico ai soli giornali che arrivano in edicola.

 

Avevo garantito la contro-replica, ma purtroppo non la tempistica. Spero, Don Pizzarro, che mi si perdoni l’assenza per tutta la settimana. Eccomi qua dunque, e procedo secondo i suoi due punti.

Pizzarro

Pizzarro, il bar dedicato al nostro amico prete prima che professasse i voti (Photo credit: The Great Photographicon)

1) “Il finanziamento pubblico deve essere destinato ai soli giornali che arrivano in edicola.” Pare che la motivazione sia scontata, ma per me non lo è. Per esempio si verrebbero ad escludere prodotti che per scelta volontaria o per natura arrivano al lettore attraverso abbonamenti o con rivendite porta-a-porta: mi riferisco per esempio alla letteratura accademica (dove vengono pubblicate le ricerche ed inchieste di futuri o passati Nobel per l’economia, la medicina o la chimica) o a giornali quali “Lotta Comunista”, venduti per strada direttamente dai membri dell’associazione. Ma ipotizziamo pure che questo discrimine “edicola SI/NO” sia universalmente valido e accettato, e vediamo quindi quali problemi si pongono. Sicuramente ci sono questioni pratiche, legate alla tiratura/estensione territoriale/numero di rivenditori che permetterebbero o meno l’accesso al finanziamento. Si tenga conto inoltre che in edicola si trovano prodotti che fanno informazione di tutti i generi e secondo tutte le correnti di pensiero: Il Corriere, La Provincia, L’Espresso, Oggi, Io Donna, Caccia&Pesca, Playboy e La Rivista dei Restauratori di Comodini sono tutti prodotti di informazione utile a molti o a una minoranza, ad intellettuali o a bifolchi. Ripeto dunque quanto già espresso: non può essere lo Stato a decidere cosa è informazione o no, ma i lettori stessi. E ciò mi porta al secondo step.

2) “Uno degli obiettivi principali di uno Stato democratico è quello di garantire la pluralità”. Tutti d’accordo. Ma lo strumento per garantire la pluralità non può essere il finanziamento della stessa, bensì eliminare questa dipendenza e promuovere una vera e libera competizione tra chi propone il prodotto migliore. La libertà di stampa (in cui noi, secondo la classifica di Freedom House, ci troviamo 72esimi, tra Hong Kong e Benin) è innanzitutto libertà di competere con le proprie forze e senza che il denaro e la burocrazia statale interferisca. Ho già fatto l’esempio dei grandi siti di informazione online, e non è assolutamente vero “che non possono crescere, se non sovvenzionate (…) dallo Stato”. Caro Don Pizzarro, in questa frase hai proprio sbagliato: ilpost.it, linkiesta.it, lettera43.it non sono sovvenzionati dallo Stato, eppure stanno crescendo in maniera esponenziale. Dirò di più: l’evidente fase di sorpasso del web sulla carta stampata prova che quest’ultima è già sul percorso dell’anacronismo, e allora perché sovvenzionare i quotidiani che arrivano in edicola quando sono destinati per natura ad un minor rilievo sull’informazione pubblica?

Dan Marinos

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