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Danilo Calogiuri: Istanbul e Mediterraneo Foto Festival

Creato il 13 dicembre 2011 da Faprile @_faprile

da: www.salentoinlinea.it, e Il Paese Nuovo (Solo, a Istanbul. 2011-12-15)
www.whiroo.com

Si è concluso da pochi giorni il Mediterraneo Foto Festival e mi porto dietro alcuni scatti che nell’atto del camminare mi seguono e rincorrono nei pensieri. Si è concluso da pochi giorni e non potevano non seguirmi la dimensione trasognata di uno scatto che è leggerezza e dolore, crudeltà e passione allo stesso tempo. Sono scatti di Danilo Calogiuri, del team Whiroo, che raccontano la dimensione urbana, quotidiana, di Istanbul. C’è un uomo. È solo, nella notte, e si accompagna alla sua ombra. C’è un uomo teso nel camminare, nella leggera naturalità di un passo e c’è sempre lo stesso uomo arroccato nel trascinarsi dietro il carico, un peso incommensurabile. È un po’ come se si facesse carico, in uno scatto unico, della portata, totale, delle sofferenze della vita e le liberasse nel passo, nel movimento raffigurato, catturato, delle gambe che scivolano sull’asfalto, e lo liberano. Liberano tutto il peso ch’è dietro. È uno scatto piccolo, marginale, al lato dell’esposizione di Danilo Calogiuri, eppure, mentre guardo, è proprio quello scatto il leitmotiv di quelle foto. Perché è nel camminare di quell’uomo, nel transire, che si passa alla dimensione sovraffollata di altri scatti, altre dimensioni, di altre quotidianità che si perdono nel flusso continuato di volti e odori diversi; è come respirare l’aria Istanbul, ma allo stesso tempo c’è la dimensione urbana, il perdersi, lo straniamento che acceca. C’è un flusso ininterrotto di passanti che passano e non guardano, e non si guardano, non si ascoltano, e sembra di sentire noi il rumore sordo di tutto questo passare. Ci sono scatti che spezzano la dimensione foto-realistica che li caratterizza, e restituiscono l’immagine a quella necessità comunicativa che è un piano di intimità. Gli occhi di chi osserva e quelli di chi è osservato si incontrano e si guardano al di là dello scatto stesso. Negli scatti vive il contrasto in corso di una realtà urbana che perde intimità nel continuo flusso della molteplicità, e il ritrovarsi legati a momenti di quotidiana condensazione di passato, passione e armonia. C’è il lavorio dell’artigiano, c’è il suo costruire, creare, che quasi non subisce tutto il passare e il perdersi frenetico che del flusso è proprio. C’è lo sguardo di un bambino, o di un gatto fermato dall’immagine, o di chi si affaccia da un balcone in un’esplosione di gioia. C’è l’unità ritrovata nella sera che viene. C’è il pescare che accoglie, e in un momento di calma, attenzione, cuce trame e relazioni silenziose di genti che, una accanto all’altra, tessono incontri e racconti silenti nei respiri della vita.  Sono queste alcune delle dimensioni che ritrovo negli scatti di Danilo Calogiuri, un condensato capace di relazionare genti lontane e di ancorarle alla percezione quotidiana di chi, lontano da loro, vive momenti diversi nelle stesse giornate.

Whiroo è un progetto dinamico, veloce, sensibile alla realtà attorno e che di questa si nutre per raccontare dinamiche reali, storie, parole che sono immagini cristalli frammenti di realtà che, fermati nel tempo di uno scatto, hanno in sé la dimensione erratica propria del raccontare, di quelle parole che fattesi immagini sanno come non assoggettarsi al pensiero, anticipandolo, in una condizione immediata, istantanea che l’occhio raccoglie e sconfina alla percezione di chi osserva. Scriveva Émile-Auguste Chartier «Ciò che è fittizio in un racconto non è la storia, ma il metodo tramite il quale i pensieri si trasformano in azioni, un metodo che non accade nella vita quotidiana». Whiroo è questo. É la sensibilità dinamica di uno scatto che non è polvere nel tempo. É quella condizione di continua ricerca che l’occhio, frenetico, ha nel guardarsi attorno e, nel mirare, sa farsi contemplazione attraverso scatti che s’addensano in quella poetica del guardare, dell’incontrarsi nel volto come chiave conoscitiva che tesse relazioni e incroci di esperienze. É idea nata dalla necessità di alcuni giovani fotoreporter salentini che, dopo una lunga esperienza in altre regioni e nazioni, tornano nel Salento arricchendo il proprio gruppo di altre personalità, fotografi – professionisti e non – capaci di distinguersi per sensibilità in quella giungla che è il mercato dopo l’avvento delle reflex a basso costo.

Francesco Aprile
2011-12-13


Filed under: Frammenti

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