Durata: 103'
La trama (con parole mie): Danny, strappato alla madre e ridotto in schiavitù, nonchè costretto a combattere ed aggredire come un cane da guardia dal gangster Bart, incontra per caso l'accordatore di pianoforti cieco Sam, che vive con la figliastra Victoria in un tranquillo appartamento scandendo l'esistenza con la musica.
Allontanatosi dalla vita di sangue e violenza cui è sempre stato abituato, Danny finisce per accarezzare il sogno di potersi costruire una nuova famiglia: ma Bart, alla ricerca del suo mastino perduto, è pronto ad usare qualsiasi mezzo per riportare lo straordinario combattente ai suoi ordini.
Danny dovrà dunque venire a patti con i dolorosi ricordi d'infanzia e battersi per chi ha imparato a volergli bene.
Con l'estate, di norma, il desiderio di svago del sottoscritto - e non solo - tende ad alimentarsi a livelli decisamente fuori scala, che si parli di ambito musicale o cinematografico: rispetto a quest'ultimo, quando si chiama in causa lo spegnimento del cervello, due generi sono principi delle mie serate nel periodo più lebowskiano dell'anno, l'horror e il film di botte.
Da diverso tempo puntavo Danny the dog, che incuriosiva anche Julez e rappresentava la tipica pellicola buona per questo periodo, con poche novità interessanti in sala e nessun Festival all'orizzonte: la presenza di Jet Li, poi, veterano del settore nonchè action hero di tutto rispetto, rappresentava una garanzia di legnate come piacciono a noi vecchi Expendables del Saloon.
Devo ammettere, però, di essere rimasto almeno in parte deluso dal lavoro di Louis Leterrier prodotto dal da me tanto detestato Luc Besson: laddove, infatti, pensavo di trovare sangue a fiumi ed una montagna di calci rotanti, ho scoperto un film incentrato sul concetto di Famiglia mascherato da pellicola da battaglia, con un Bob Hoskins irritante e disgustoso quasi al livello de Il viaggio di Felicia ed un Jet Li in forma attoriale - addirittura più che fisica - strepitosa, bravissimo nel rendere al meglio un personaggio a metà tra l'uomo ed il bambino, timido nei rapporti con le persone quanto inarrestabile una volta messo in moto dal suo padre padrone.
Certo, dovrei essere contento che un film di botte sfoggi un background tutto sommato discreto dal punto di vista della profondità dei personaggi ed un messaggio con uno spessore, eppure la mancanza dello spirito tamarro - se escludiamo la parte visiva dedicata ai combattimenti, coreografati davvero niente male - di cose come Transporter e Crank, per non parlare delle perle targate Van Damme figlie degli eighties si è fatta sentire, finendo per spegnere l'entusiasmo tutto forma e niente sostanza del sottoscritto tipico della stagione estiva, sempre in cerca della hit di culto del momento pronta ad essere chiusa in un cassetto non appena tornati alla quotidianità autunnale.
Curiosamente, questa sorta di ibrido cinematografico ha sortito un effetto speculare ed in qualche modo opposto in Julez, che al contrario si aspettava una componente emotiva più pronunciata ed ha finito per rimanere parzialmente delusa proprio a causa della parte più smaccatamente terrena della vicenda, giunta a rovinare il quadro fornito dal rapporto tra Danny/Jet Li e la sua nuova famiglia, formata dall'accordatore di pianoforti cieco Sam e dalla sua figliastra Victoria, entrambi grandi amanti ed appassionati di musica, responsabili inconsapevoli della riscoperta di se stesso - nonchè del drammatico passato che lo portò tra le mani di Bart - di Danny.
Da questo punto di vista il lavoro di Leterrier pare sfruttare l'influenza dei grandi classici dell'action made in Hong Kong, da John Woo in avanti, inserendo con orgoglio l'elemento melò - pur se non romantico - e sfruttandolo come cardine per la costruzione dell'eroe, insolito quanto a suo modo carismatico.
Un film dai molteplici volti, dunque, che potrebbe senza dubbio lasciare l'amaro in bocca a chi si aspetta solo ed esclusivamente sonore mazzate così come a chi spera nel drammone strappalacrime, che comunque riesce ad uscire dalla sua personale "lotta" a testa alta, con tutta la dignità di chi, pur non eccellendo, ha saputo distinguersi e dare un bell'esempio di carattere.
Per un titolo nato ad uso e consumo dell'intrattenimento puro e semplice, direi che è già qualcosa di grande.
MrFord
"I gotta roll, can't stand still
got a flamin' heart, can't get my fill.
eyes that shine, burnin' red
dreams of you all through my head."
Led Zeppelin - "Black dog" -