La verità è che il titolo originale a volte è così bello, che tradurlo diventa atto oltraggioso, e tu non puoi, non ce la fai.
Dans la maison è Nella casa per lo spettatore italiano, un film del 2012 diretto dal regista francese François Ozon. Ispirato alla pièce teatrale spagnola El chico de la ultima fila, di Juan Mayorga, il film mette in scena o meglio "sviscera" tutto ciò che si crea nell'ambito del processo creativo che vede coinvolti, non solo l'autore e i suoi stessi personaggi, ma anche il pubblico, così come un ipotetico produttore o editore. Insomma, la casa di Ozon è l'anima dello scrittore, di colui che vive e vaga per il mondo alla ricerca di una storia che possa catturare l'attenzione di un lettore ideale, nonché la propria.
La casa è dove tutto ha inizio, dove l'autore vede per la prima volta i suoi personaggi e tutte le loro storie che inevitabilmente si legano e poi si slegano, incrociandosi e complicandosi l'una con l'altra, con il solo e unico scopo di portare lo spettatore a porsi la fatidica domanda: " che succederà?".
E così mentre l'autore pianifica quella strada che va da A a B, chi osserva e legge l'evolversi dei fatti, finirà col non capire più se di finzione o di realtà si tratti, e quando questo accade, magari c'è da credere che la storia, funziona!
La vita al limite del bidimensionale, condotta dal professore di letteratura Germain/Fabrice Luchini, viene rianimata dall'incontro con un giovane studente dotato di un particolare talento nello svolgere i propri temi. Il professore è incuriosito da questa peculiarità del ragazzo, che lo vede concludere ciò che scrive, non con un punto, bensì con un "continua". Il giovane Claude, racconta a mo' di cronaca, il pomeriggio passato a casa di un compagno di scuola, Rapha Artole. Preso da quell'esperienza, che lo faceva in una volta sola spettatore e autore della propria storia, Claude, con la scusa delle ripetizioni di matematica, continua a frequentare la casa dei Rapha, alimentando così la sua stessa brama di voyeur e burattinaio, e al tempo stesso quel desiderio di "sapere" come finirà la storia. Desiderio che oramai ha invaso e travolto le giornate del professore e della moglie, Jeanne/Kristin Scott Thomas.
Una storia che prende vita e lentamente si dipana all'interno di un'altra storia, una matriosca narrativa che sprigiona strategie di genere ovunque, partendo dalla commedia e arrivando al dramma, dal thriller carico di suspense, finendo poi nell'irreale e nel grottesco, tipici della commedia nera.
Viene fuori senza freno, il potere seducente e manipolatorio della scrittura, sì insomma l'arte comunica per mezzo di linguaggi di volta in volta differenti, e lo spettatore a un certo punto non è più in grado di tracciare un confine, tra ciò che è finto, inventato, immaginato da menti altrui, e ciò che invece è reale, vero, tangibile, di tutti.
Si ama questo film e se ne può godere appieno, se si è soliti perdersi nell'immaginazione più fervida, che porti il più vicino possibile a scrutare nella testa di uno scrittore. Nel momento in cui inizia a vedere la sua storia e si accinge a scriverla. Si ama questo film perché parla di tutti noi, sedotti e coinvolti in questo gioco macchinoso e poetico, talvolta brutale e senza pietà, chiamato cinema*.
*cinema, letteratura, poesia, musica, arte e così via...