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Dante maffia ospite d'onore nella rubrica di poesia

Da Lindapinta

 

a cura di Ninnj Di Stefano Busà

Dante Maffìa è nato a Roseto, sulle rive dello Jonio. Si è laureato a Roma. Saggista, poeta e narratore. Esplica la sua attività critica sulle maggiori riviste italiane. Come poeta fu segnalato, agli esordi, da Aldo Palazzeschi, che ha firmato la prefazione al suo primo volume, e da Leonardo Sciascia che, con Dario Bellezza, ritiene Maffìa “uno dei più felici poeti dell’Italia moderna”. Alcune sue opere sono tradotte in Francia, Russia, Svezia, Spagna, Argentina, Ungheria, Bulgaria, Germania, Stati Uniti, Belgio, Macedonia, Slovenia, Romania,  Grecia, Serbia, Brasile, Slovacchia, ecc. Con il romanzo Milano non esiste ha vinto il Premio “Corrado Alvaro” a cui la Presidenza del Consiglio dei Ministri  ha assegnato anche il Premio “Giacomo Matteotti”.  Da segnalare, tra le altre opere,  Il Romanzo di Tommaso Campanella (pref. di Norberto Bobbio e Claudio Magris), Lo specchio della mente(Pref. di Nelo Risi), La Biblioteca d’Alessandria (Pref. di Mario Specchio e Giuliano Manacorda).  Il Presidente della Repubblica Ciampi, nel 2004, lo ha insignito di medaglia d’oro alla cultura. Nel 2013 è uscito Io, poema totale della dissolvenza , con Prefazione apocrifa di Dante Alighieri e nel febbraio del 2014 Il poeta e la farfalla, poesie d’amore, da molti lettori illustri immediatamente definite le più belle di tutti i tempi.

Il Consiglio Regionale della  Calabria, all’unanimità, la Fondazione Palazzo Spinelli di Firenze, la Fondazione Guarasci e la Fondazione Farina di Cosenza, la Fondazione Di Liegro di Roma lo hanno candidato- ufficialmente-  al Premio Nobel. La Giuria del Premio Frascati gli ha assegnato il Premio alla Carriera.

AVVISO CON UN OCCHIO ALL’ORIENTE

     a Barack Obama

Nei cappuccini tiepidi ho visto fallire eserciti

avviati alle battaglie più cruenti.

Una volta perfino migliaia e migliaia di carri armati

e di aerei da combattimento

che emettevano suoni aspri e codificavano parole minacciose.

La risposta si udiva appena: la vittoria è salda nelle nostre mani,

un album è già pronto nelle edicole per la raccolta delle figurine.

Tutti complici e beatamente seduti a tavola a gustare

la torta al cioccolato. L’America in preda a un orgasmo

dentro camion scassati e carichi di omosessuali simpatici

e pronti alle recriminazioni. Quelle giuste,

specificava un Generale con decorazioni sul petto e sulla fronte.

E bastava l’odore d’una rosa, lo spiraglio d’una stella

per dare scacco matto anche ai facinorosi.

Le statistiche dicono che non si va mai da nessuna parte

quando il sangue scorre e non diventa sanguinaccio.

La pietà dentro il culo, e quelle grida bastarde e noiose.

L’animale che divorava l’anima non avendo altro da masticare.

CHISSA’ SE DAVVERO A TOLSTOI

    a Marco Onofrio

Sul davanzale della finestra si stravaccano le tortore.

La signora del piano di sopra spiumaccia i cuscini.

Le nuvole trasportano treni bianchi e notti d’amore.

Una banda suona senza interruzione la Nona di Behetoven.

Ma che sconcezza, son tutti mandolini!

“Chiudi le imposte” tu dici quasi irritata,

“chiudi che mi farai altrimenti raffreddare”.

Così torno alla scrivania a tamburellare sul computer

in cerca di paradisi o di consolazioni

o forse soltanto di spazi concreti per coprire altri spazi.

“Chissà se davvero a Tolstoi piaceva La sonata a Kreutzer

oppure ha soltanto sentito un’affinità con l’omicidio”.

“Non hai niente di meglio da fare

che rimuginare su storie inventate. Lascia stare la letteratura,

di questi tempi ormai è uno stupido esercizio

senza prospettive. Occupati d’altro, scendi nel giardino

a potare le rose, va’ poi a comprare il latte,

porta al ciabattino le scarpe da risuolare”.

Io non ho risposte da dare, eseguo i consigli, uccido

le rondini che stanno nelle tasche e squittiscono.

Inseguo un calabrone, mi fermo a guardare

la macchina che sfreccia strombazzando

perché la Lazio ha vinto sulla Roma.

Una voce robusta chiama Amelia.

Mi piacerebbe essere io a chiamarla, chissà com’è fatta,

magari con lunghi capelli neri che le scendono sugli omeri,

con due gambe dritte da ballerina, lisce, calde,

sensuali, aperte a tutti i venti, pronte

a salire su un cavallo della giostra del luna park.

“Amelia, sei pronta? Il tassì ci aspetta, dai, sbrigati.

L’aereo parte fra due ore, non possiamo ritardare”.

A GIUSEPPE TREBISACCE

La Cannosa, gli orti verso il mare,

le “vicce” capricciose,

i libri ancora oggetti misteriosi,

i treni in corsa,

il mare con la voce minacciosa,

l’orizzonte a portata di mano.

Tutto ritorna a tessere la trama,

quando siamo a Roseto,

del nostro inquieto ardere

d’inconsapevolezza.

Lo ripete il cuore dei fichi

che mi riporta le voci

delle nostre madri.

Parlano di noi preoccupate

neppure immaginando

un futuro di carta.

A ZONZO PER TRIESTE

a Claudio Magris

A zonzo per Trieste

con pesi e pesi che non riesco

a opacizzare.

Fradicio di nomi il cuore.

Vado per le strade

accompagnato da troppi fantasmi.

Tocco la profezia

nella poesia di Saba e di Marin.

Se almeno ci fosse il lamento d’un grillo,

o un vecchio arcobaleno

dimenticato davanti alla Stazione.


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