Se uno dei grandi meriti del teatro-danza di Pina Bausch fu di presentare i suoi danzatori come “persone che danzano”, dotate sì di tecnica, ma soprattutto in grado di riempire ogni loro gesto di un significato che potesse essere compreso e assorbito dal pubblico che avevano di fronte, Cristiana Morganti amplia ulteriormente il campo di azione del danzatore, che si “permette” di condividere con il pubblico il suo vissuto e ciò che accadeva dietro le quinte della più innovativa compagnia di danza del XX secolo.
In Jessica and me Cristiana usa soprattutto l’ironia, a partire dall’autoironia, chiacchierando con il pubblico come se fossero seduti davanti a una tazza di caffè, quello lungo che si beve in Germania, a un primo assaggio diverso da quello cui siamo abituati, ma in grado di scaldarci per un tempo molto più lungo del solito espresso. E Cristiana il suo pubblico lo scalda senza sforzo apparente, riuscendo ad alternare parole e movimento, come se fossero i due piatti della bilancia del ricordo che ha voluto condividere. Dai suoi prima passi nel mondo della danza a cinque anni, ai reggiseni “schiaccia seno” necessari a contenere un fisico poco adatto alla danza classica, fino all’incontro con Pina Bausch e alla sua compagnia di danzatori meravigliosamente imperfetti. Si potrebbe pensare che in questo spettacolo c’è troppa parola e poca danza, così come siamo abituati a immaginarla. Eppure, mentre racconta, Cristiana non si lascia sfuggire l’occasione di dare un assaggio della sua abilità nel trasformare piccoli, insignificanti gesti in una sequenza di emozioni visuali velocissime e pulsanti che catturano gli occhi del pubblico.Mentre gli ultimi applausi si consumano e Cristiana Morganti scompare dal palcoscenico, molti fra il pubblico aprono il programma del festival, vogliosi di provare ancora l’emozione di essere parte di uno spettacolo di danza-teatro. E questo a Pina sarebbe piaciuto. Link alla news su Sul Romanzo.