La struttura del libro di Dario Accolla è dunque decisamente pop, richiama quegli elenchi di brani musicali che molti di noi hanno preselezionato per mandare avanti emozioni, quasi come una colonna sonora per le nostre giornate, per dar loro uniformità e forse anche per comprenderle meglio. Nel susseguirsi dei pezzi, di ballads cantate con voce terrosa di stelle, si definisce anche un mood, un umore, uno stato d'animo, un filo rosso che fa di questa playlist quasi un concept album.
Temi centrali sono l'amore e la distanza: il primo accomuna tutti anche quando rischia di separare le persone tra di loro, la seconda finisce di tracciare rughe profonde, solchi di malinconia o di dolore straziante tra le persone. Il tocco di Dario Accolla non è necessariamente drammatico, anche il dosaggio delle emozioni segue un suo percorso lineare, una specie di parabola: dalla delicatezza quasi impressionistica e dolceamara di Chiavi in mano si raggiunge l'apice nei due racconti centrali (Le due verità, a mio avviso il più bello della raccolta, e Chiamami Ines), per stemperarsi via via nel dubbio o nella composta e matura serenità dei successivi. Infine, la ghost track, Il grappolo, sembra tradurre la fiaba della volpe e dell'uva in una prova di sorridente arguzia classica.
Gli amori di Da quando Ines è andata a vivere in città provocano una tale sofferenza da non poter essere iscritti nei momenti più "piacevoli", ma senz'altro tra quelli più significativi. Nel secondo racconto, per esempio, Coriandoli, una donna e un uomo, entrambi giovani, si confrontano al tavolo di un bar lasciando trapelare poco alla volta le loro vite in framenti piccoli, in parole senza dialogo e sguardi senza sceneggiatura. Coriandoli, appunto, che solo in un gioco proustiano emergono a palesare la verità o almeno a proporre una soluzione. Con un gusto ancora una volta classico per la simmetria, un locale pubblico è anche lo sfondo per il penultimo pezzo della tracklist, Come la prima volta: anche in questo caso, un uomo e una donna si scambiano manciate di parole, quasi a caso, per tentare di ricomporre un'immagine unitaria o, rubando le parole all'altro racconto, per scrivere in un pezzo di carta più grande di un coriandolo.
Questo sguardo "particolare" si traduce poi in una lingua densa, molto bella, francamente orientata al lirico, dove la narrazione procede per immagini o per ellissi, sia pure senza compromettere la chiarezza. Così, in Forse nevicherà a Roma, sull'alba di una storia d'amore sembra aleggiare lo spettro di un segreto che però verrà superato dal sentimento e dall'umanità dei protagonisti. Infine, ne Il sorriso della Gioconda, che nelle prime righe sembra misterioso e perfino un po' mistico, la razionalità, l'ironia e soprattutto uno sguardo sgravato da tare annose ci conducono verso la luce di una gioia che sfocia nella rivalsa allegorica della ghost track. Che poi questa traccia "fantasma" giunga dopo la rappresentazione della morte è ulteriore gioco verbale che rende ancora più godibile Da quando Ines è andata a vivere in città di Dario Accolla.