Darlington FC, il lato brutto del Beautiful Game

Creato il 08 novembre 2014 da Stefano Pagnozzi @StefPag82

Darlington FC, il lato brutto del Beautiful Game 


tratto dalla pagina Facebook Anglocalcio - Quelli che il calcio inglese
Partiamo dal simbolo, uno dei due almeno, un cappello, quello di quello dei Padri Pellegrini, che col Mayflower partirono da Plymouth e influiranno leggermente sull’etica di quelli che diventeranno gli states. I puritani, universalmente detti. Coloro che contribuirono alla formazione della Pennsilvanya, dal nome del suo fondatore, William Penn, i Quaccheri. The Quakers, perchè nelle loro funzioni religiose lo Spirito Santo si manifestava facendoli tremare e i detrattori li schernirono con tale nome. E Quakers è anche il soprannome del fu Darlington Football Club.
Come tutte le comunità d’Inghilterra del tempo, anche i nostri quaccheri sentivano l’esigenza di una squadra di calcio che li rappresentasse nella seconda metà del XIX secolo. Puritani o no, quel gioco piaceva a tutti. E poi c’era da difendere l’onore cittadino nella Durham Challenge Cup, anno di grazia 1883. Riunione alla Grammar School della città, elemento in comune, insieme a pubs ed hotels, a quasi tutte le ssquadre inglesi. Si sceglie il nome, Dartford Football Club, si scelgono i colori, bianco e nero, e non cambieranno mai. Finale della Challenge Cup al primo tentativo, mica male. I quaccheri ci presero gusto: proviamo con l’FA Cup. Ecco, qui le sberle parlavano con gli angeli, meglio lasciar stare, per ora. Però il Darlo, come viene confidenzialmente chiamato, si fece un nome nella zona con queste prime imprese, e in virtù di ciò nel 1889 partecipò alla fondazione di una nuova lega di squadre del nord: la Northern League, che tornerà di drammatica attualità come vedremo piu avanti.
Cominciamo. Andava trovato uno stadio. C’era un terreno di gioco, inizialmente usato dalla solita squadra di cricket, che però veniva buono anche per il football. Quel terreno si chiamava Feethams, e per 120 anni sarà la casa dei Quakers. Fino a che, un giorno, dissero che non andava più bene. Troppo old, troppo piccolo. Quel che non sapevano è Feethams porterà con se nella tomba dopo qualche anno il Darlington, che solo grazie a dei tifosi troppo innamorati è vivo ancora oggi.
Fu opera del “genio imprenditoriale” (eufemismo) di Mr Reynolds, proprietario del Darlo di inizio 21° secolo, la costruzione di uno stadio da venticinquemila(!) posti. La Reynolds Arena. Modesto anche, il nostro George, se la autonominò. Con il Darlington che militava felicemente in League Two, uello stadio a molti sembrava un azzardo. tifosi, abbagliati dalle prospettive di “arrivare in Premier League” (parole sempre del guru di Darlington, Reynolds, e chi sennò) chiusero il consueto occhio, salvo poi ritrovarsi qualche anno più tardi a rimpiangere il loro vecchio impianto, quello sì a misura di Darlo.. Il dissesto finanziario a cui contribuì quello stadio insensato (11.600 spettatori per la prima partita, poi medie intorno ai 2.000 tranne che per i match contro l’odiato Hartlepool) portarono il club fuori dalla Football League prima, e fino a quella Northern League che sì che i Quakers contribuirono un secolo prima a fondare poi. Peccato che quella stessa Northern League rapprenti ora lo step 9 della piramide, l’ultimo. E a ciò aggiungeteci pure che adesso il Darlington gioca in esilio a Bishop Auckland. E la Reynolsd Arena, ora Darlington Arena, rimane li, con le sue belle torri, lontana ed estranea al calcio.
Mentre l’erbaccia che continua a crescere sul vecchio Feethams è il simbolo di una forzata modernità che non sempre porta i frutti sperati, ed è per questo che ne abbiamo parlato subito. Via il dento, anche se il dolore rimane. Eppure quell’erba ne aveva viste di imprese del Darlington, ma soprattutto era il Darlington e ne custodiva lo spirito. I quaccheri si fecero notare alla nazione quando raggiunsero gli ottavi di finale della FA Cup edizione 1910/11, dopo che il club era passato al professionismo due anni prima. Il cambio di status coincise con l’iscrizione alla North Eastern League, lega che il Darlo vincerà due volte. Soprattutto la seconda vittoria si rivelò decisiva perchè coincise con la creazione della Third Division North della Football League. Ed il Darlo fece il grande salto nella lega che conta.
League-club, e lo sarà ininterrottamente fino al 1989, quasi 90 anni, se si eccettua un’unica stagione, ma fu toccata e fuga in Conference, con un campionato stravinto.. L’ammissione nella lega venne celebrata con il secondo posto, a cui tre stagioni dopo fece seguito la vittoria in campionato, grazie ai goal di dello scozzese David Brown. 15° posto in Second Division l’anno dopo, il miglior piazzamento nella storia del club, che nel frattempo mise in bacheca il primo trofeo nazionale, la Third Division North Cup, che magari non è molto ma è sempre meglio che niente.
Il Darlo passa vide anche la luce, perché è proprio di questa che parliamo, della luce dei riflettori. Prima partita in assoluto di Fa Cup in noturna, ed a celebrala ci sono proprio loro, i nostri quaccheri, che però stavolta giocano al St.James, qualche km piu su. Sparring patner il Carlisle United. Nord-est contro nord-ovest. Vinse il nord-est rappresentato dal Darlington. 
Siamo negli anni ’50, anni in cui il club subirà la decisione di risistemare i campionati di Football League e si ritroverà nella neonata Fourth Division. Un anno prima, però, c’era stata The Win. 1958. Siamo sempre in FA Cup, ma a Stamford Bridge, si, quello Stamford Bridge. Altro discreto palcoscenico. 3-0 Darlo, ma non fu questa la vittoria perchè i blues rimontarono e finì 3-3. Tutti a Feethams,e stavolta nessun recupero miracoloso dei Blues, finì 4-1 per il Darlington. Quaccheri in visibilio, e al diavolo i precetti religiosi, quella sera ci si concesse una pinta in più al pub.
Feethams e i tifosi. Già, i tifosi. Ci misero 20.000 sterline per coprire una delle due end dell’impianto e dotarlo di luci artificiali. I riflettori vennero effettivamente inaugurati il 19 Settembre 1960, il problema fu che dopo la partita un cortocircuito provocò un incendio, e il fuoco divorò la West Stand. Questo non impedì, due mesi dopo, di stabilire il record di spettatori nella storia del club: 21.023 per il quarto turno di League Cup contro il Bolton. Qualche anno dopo, sempre in coppa di lega, fu il Derby di Brian Clough a interrompere la corsa dei Quakers, nei quarti di finale. Peccato. Anche perchè per il resto c’erano pochi motivi per cui sorridere: dovettero tra fine anni ’60 e primi anni ’80 chiedere la rielezione la bellezza di 5 volte, e la Football League per loro fortuna gliela concedette sempre. Nel 1982 poi, il Darlo si trovò pure sull’orlo del baratro, e furono nuovamente i tifosi e tirare fuori i soldi e salvare il loro club. Tempi duri, che non potevano però piegare l’animo del club e dei suoi sostenitori. Il Darlo era vivo e continuò a lottare, ma poco, se consideriamo che in vent’anni di League Two i nostri solo in tre occasioni arrivarono ai playoff. La prima nel 1996 e fu finale: per la prima volta nella storia del club, tutti a Wembley. Per un fantastico scherzo del destino, quel giorno l’avversario fu il Plymouth Argyle: the Pilgrims, la città da cui salparono i Padri Pellegrini. Il derby del puritanesimo. Lo vinsero quelli vestiti di verde. Il Darlo tornerà a Wembley per la finale playoff quattro anni più tardi, e fu nuovamente sconfitta, questa volta per mano del Peterborough.
Due anni dopo sempre lui, Mr Reynolds, cerca in tutti i modi di convincere Gazza Gascoigne e Faustino Asprilla a firmare per il club, vuole iniziare l’avventura nel nuovo stadio in grande stile, peccato si dimentichi di pagarlo quello stadio, quello stesso stadio che li seppellirà. Nemmeno un anno dopo infatti, quegli stessi giocatori, piu Bryan Robson, Kenny Dalglish e compagnia bella giocheranni si all’arena, ma per raccogliere fondi utili a salvare il club. 14000 spettatori e centomila sterline l’incasso, non basterà ovviamente, se non per le spese piu impellenti. Arriva l’amministrazione controllata, via Reynolds dalla presidenza. Finalmente.
Arriva Stewart Davies, distinguendosi subito dal predecessore con il suo approccio fan-friendly
In campo i giocatori danno l’anima, il Darlo finisce quasi sempre nella parte sinistra della classifica, perde ancora un play off, stavolta in semifinale, per mano del Rochdale, ai rigori.
Ma quando davanti a te hai una montagna di debiti, qualsiasi approccio vuoi non può bastare, non serve a niente. Ancora amministrazione controllata, altri 10 punti via, dieci punti che avrebbero permesso, stagione 2009/10 ai nostri eori di raggiungere ancora i play off (non che portassero fortuna, però..)
La società passa ancora di mano, ma solo il tempo per permettergli di disputare la sua ultima stagione, quella che riporterà il Darlo in Conference, quella dell’ultima gita nel tempio del calcio. Era solo tre anni fa, il canto del cigno. 
Finale di FA Trophy, vittoria per 1-0 contro il Mansfield Town, con goal al 119 di Chris Senior.Ma è n altro il goal che, qualche anno prima, rimase nel cuore di tutti. Lo segnò Nick Wainwright in un Darlington-Leyton Orient 2-2. Partita all’apparenza come tante, ma quello fu l’ultimo goal segnato a Feethams. 8000 spettatori, praticamente il tutto esaurito. Poi il crollo, quello di cui abbiamo appena scritto. Reynolds, la Reynolds Arena, e le due successive proprietà che non cambiarono le cose. In dieci anni, il Darlo finirà tre volte in amministrazione controllata. Tre. Chi è intervenuto alla fine? Ovviamente i tifosi, gli unici ad averlo sempre amato, e salvato. Salvataggio last-minute, solo che nel farlo hanno saltato il procedimento di Company Voluntary Agreement, che è procedura standard, e siccome là le regole le si applicano, anche a malincuore, su raccomandazione della Football Association il club è stato considerato sciolto e quella dei tifosi è quindi una nuova società, che ha infatti preso una nuova denominazione (Darlington 1883) e che si è soprattutto ritrovata, come già detto, in Northern League che se Dio vuole, e ha voluto, han vinto.
Quest’anno il Darlo gioca in Northern Premier League Division One North, step 8. Ma risaliranno. Fa parte dello spirito della gente di questi luoghi, quaccheri o no. Noi rimaniamo in attesa di rivederli dove oggettivamente meritano di stare, visto che, nell’unico luogo in cui dovrebbero giocare, non avremmo mai più il piacere di vederglielo fare.

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