Das Kabarett e un canzoniere

Creato il 08 settembre 2011 da Spaceoddity
A G.A V. e a F.
C'è un passato che mi fa male.
Non un fascio di rovi da bruciare. Ma una stagione in cui sono stato migliore, ho scritto meglio, detto meglio quel che avevo bisogno di dire. Se guardo a quel passato, mi scopro in difetto. Per ironia della sorte, buona parte degli articoli targati [OM] sono stati scelti quali articoli del giorno su Paperblog. Quelli vecchi sì, quelli nuovi meno. Ma tranquillo, mi dico: è che guardi dalla parte sbagliata. Se guardi avanti, vedrai che c'è un percorso e che sei più vicino adesso che quei traguardi entrano in una storia che raccogli con le unghia, ferendoti, perché sia ancora tua.
Ma una storia
tua non è mai solo tua. Nel raccogliere su questo blog molti articoli della rivista con cui sono diventato giornalista e qualcuno di altra provenienza, ho cercato di portare qui un retroterra che non posso più inseguire: Boris Vian o Flann O'Brien non mi appartengono più come un tempo, purtroppo. Neanche Alberto Savinio o i miei Bontempelli e Properzio sono più parte delle mie letture quotidiane. E partendo da allora, posso riconoscere una stratigrafia che includerebbe altri nomi. Quelli che chiamiamo le fasi della vita.
Forse un giorno colmerò questa lacuna con nuovi pezzi su Cole Porter, Reinhard Mey o su Roberto Vecchioni, su Henry James o su Gesualdo Bufalino. Ma è un fatto che la vera storia di Das Kabarett comincia forse proprio ora che faccio i conti con il mio passato, con ciò che ha significato quel che ho fatto fin qua. Ora che, senza essere né Orfeo né un poeta, pur non avendo un divieto di voltarmi, devo guardare a quel che saprò fare. E decidere, mio caro amico, se tenermi o meno la mia poesia, o esaurirmi in quel che davvero significa. Ma andiamo avanti. C'è Berlino che cresce in me, Berlino dov'è nato questo blog. E Colonia, dove ha ritrovato un senso. E Ginevra, dove in fin dei conti ho compreso questo senso. E tutto il mondo che si farà spazio, che si farà notte e ancora giorno.
C'è tanta vita da perdercisi dentro.

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