Secondo i ricercatori dello Scripps Clinic Viterbi Family Sleep Center di San Diego le persone che assumono regolarmente farmaci contro l’insonnia hanno un rischio 4 volte maggiore di morire rispetto a chi non ne fa uso. Ma anche coloro che prendono meno di 18 pillole in un anno hanno un rischio di mortalità aumentato che cresce con il numero di pillole. Infine, i consumatori più forti avrebbero più probabilità di sviluppare alcuni tipi di tumori.
Molte, ovviamente, le reazioni preoccupate e allarmate. In primis, quelle delle aziende farmaceutiche che temono di perdere una fetta considerevole dei loro introiti. Secondo alcuni esperti, lo studio non prova che ci sia un rapporto causa-effetto tra pillole e decessi, ma solo una correlazione. Gli autori rispondono sottolineando che comunque questi farmaci hanno un ruolo nelle morti e che coloro che ne fanno uso tendono ad avere una salute più cagionevole in confronto a chi non li utilizza. I decessi potrebbero quindi essere un riflesso di uno stato di salute non buono.
I farmaci nell’occhio del ciclone sono sia le vecchie benzodiazepine che i più recenti ipnotici non benzodiazepine che sono diventati popolari anche da noi, come lo zolpidem (nome commerciale Stilnox), l’eszopiclone (Lunesta) e lo zaleplon (Sonata).
Molti studi, tra l’altro, hanno evidenziato che questi tre principi attivi neanche mantengono quello che promettono. Dati verificati dal FDA statunitense mostravano che il periodo di sonno indotto da essi era lo stesso del gruppo di controllo con placebo e riducevano il tempo necessario per addormentarsi solo di poco. In compenso hanno una serie di effetti collaterali che vanno dalle reazioni allergiche, a un peggioramento di una eventuale depressione preesistente, che può essere la causa dell’insonnia, e un aggravamento dei problemi respiratori. Possono inoltre contribuire a indurre uno stato confusionale e spesso sono alla base di pericolose cadute nelle persone anziane.
Lo studio di cui si parlava all’inizio non è che l’ultimo sui rischi a medio termine dei farmaci per combattere l’insonnia. Ce n’è uno norvegese del 2007 che coinvolgeva circa 15000 persone da cui emerse che gli uomini che ne facevano uso rischiavano una volta e mezzo in più e le donne 1,7 in più di morire rispetto a chi non li assumeva. Uno studio canadese del 2010 su 14000 persone mostrava risultati analoghi, mentre un altro, svedese, che seguì alcune migliaia di persone per 20 anni, rilevò che gli uomini che utilizzavano regolarmente ipnotici avevano un rischio di morire 4,5 volte più elevato dei non assuntori, le donne “solo” doppio.
Tra le voci che si sono levate in risposta all’articolo del British Medical Journal c’è quella di un esperto di insonnia, il professor Gayle Green sul New York Times. Egli osserva che se è vero che i farmaci per dormire possono provocare danni alla salute e aumentare il rischio di morte in chi ne fa uso, è altrettanto vero che anche la deprivazione di sonno può risultare dannosa. E cita William Dement, noto per i suoi studi pionieristici sul sonno, che affermava: “Il sonno è il più importante indicatore della durata della vita, più ancora del fumo, dell’attività fisica e della pressione sanguigna”.
Ricercatori dell’università di Chicago deprivavano persone giovani e in salute di alcune ore di sonno per sei notti. Alla fine tutte mostrarono profili ormonali tipici di individui molto più vecchi, cioè livelli accresciuti dell’ormone dello stress e ridotti dell’ormone della crescita che è essenziale per la riparazione delle cellule. Inoltre, i partecipanti svilupparono aumento di peso e resistenza all’insulina come fossero diabetici.
La perdita di sonno compromette anche l’efficienza del sistema immunitario rendendo le persone più suscettibili a qualunque malattia, dal raffreddore al cancro. E, come possiamo ben immaginare o sapere per esperienza se siamo degli insonni, la riduzione delle ore di sonno ha delle conseguenze negative sulla concentrazione, sulla creatività, sulla motivazione, sul giudizio e provoca una serie di disturbi dell’emotività tra cui la volubilità, l’impulsività e la depressione. Ricerche hanno mostrato che gli insonni faticano a trovare e a mantenere il lavoro, nonché a svolgerlo con efficienza.
Dunque, prendiamo gli ipnotici o ci teniamo l’insonnia? Io ho scelto una terza via: la melatonina. In attesa, e col timore, che nuovi studi ci illustrino i tremendi effetti che potrebbero avere sulla nostra salute.