E allora, vi chiederete con buona ragione, cosa ci fai in questa iniziativa dei blogger, stavolta nata dalla mente del caro Obsidian Mirror?
Il punto è che quando muore un talento, un gigantesco talento, al mondo manca la sua dose. L'umanità è privata di qualcosa di grosso, e bisogna ribilanciare. Ognuno di noi, nel suo piccolo, deve fare quanto è nelle sue possibilità per dare il massimo, per cercare di colmare il grande vuoto che la povera Terra ora si ritrova.
Muore la Montalcini? Leggiamo un libro in più, studiamo un po', guardiamo su Netflix un documentario che ce ne sono di eccezionali.
Muore Bowie? Diamoci all'arte. Dipingiamo un brutto disegno su un tovagliolino del bar, scriviamo una poesia che non leggerà nessuno, cantiamo fino a perdere la voce, bruciamoci gli occhi per la quantità di film che vediamo.
E quindi eccomi qui, a logorare ancora un po' i miei occhi già provati, parlando con voi di un film che ho avuto la sfortuna di vedere per la prima volta in un'età decisamente non appropriata, finendo inesorabilmente per detestarne ogni fotogramma, esattamente come avevo detestato il libro, che avevo avuto la brillante idea di leggere.
Riguardarlo con qualche anno di più è stato sicuramente salutare.
Bowie si vede per qualcosa come due minuti. Eppure è un protagonista indiscusso. Quando la musica è una passione forte diventa colonna sonora della vita, momento di emozione irripetibile, amica comprensiva e insostituibile. E Christiane Bowie lo adora. La musica è sottofondo delle azioni quotidiane, da quelle più basilari, ai momenti indimenticabili con gli amici, è l'unico punto di incontro con quel compagno della madre che non le piace molto, è quello che ronza nella testa la prima volta che Christiane passa dalle droghe leggere all'eroina, dopo il concerto, il solo momento in cui David si vede in faccia.
Io negli anni 80 mica c'ero. Ero nei progetti dei miei, ma mancava ancora un po' al mio arrivo. Per mia fortuna, quindi, la devastante 'epidemia' dell'eroina non l'ho vissuta. La conosco di fama, perché è impossibile sfuggirne, perchè siamo ancora circondati da persone che in quegli anni hanno perso qualcuno di amato.
Tecnicamente il film è collocato un po' prima, agli inizi degli anni 70. Per quei pochi che ancora non l'avessero visto ripercorro la storia di Christiane: 13 anni (dico davvero, TREDICI), famiglia un po' scombussolata da genitori separati, sorella che sceglie di stare col padre e madre assente. Inizia a frequentare il Sound, discoteca più famosa di Berlino, dove scopre il mondo delle droghe. (Nella realtà Christiane si è avvicinata al Sound già avviata al mondo delle sostanze illecite, ma il film chiaramente mica poteva durare 6 anni) Conosce qui Detlef, del quale si innamora. La loro storia li farà sprofondare insieme in un vortice senza uscita.
Mah, dire senza uscita poi è sbagliato. Il film si conclude con la sua disintossicazione.
(Non è spoiler, è uscito da qualche tempo un altro suo libro, quindi doveva essere viva, non picchiatemi) In realtà basta informarsi un minimo per scoprire che la sua vita non si è mai allontanata completamente dal mondo della droga. E questo, per me, è devastante. L'eroina è stata la sua compagna di vita. Ha solo avuto più culo di altri, Christiane, parliamoci chiaro. Poteva morire a 14 anni, a 20, a 40. Ne ha 54.
Il film mi ha presa, mi ha afferrata nell'alto del bigottismo in cui mi piace crogiolarmi, mi ha buttato a terra e mi ha picchiata.
Guardavo inorridita il momento in cui, pieno di tranquillità, Detlef confida alla ragazza di prostituirsi, di considerarlo solo un lavoro, niente di che. Lo guardavo accarezzarla, come ha fatto dolcemente per tutto il film, mentre le rivelava una realtà così terrificante, e tremavo. Per lei, perché è stato lì che ha permesso alla droga di prendersi la sua vita: accettare le conseguenze dello stile di vita che ci si è scelti, senza opporvisi neanche per un istante, è come lasciargli la vittoria a tavolino.
E così è andata, sebbene oggi lei sia viva. È comunque un punto per la droga.
Sono troppo perbenista per questo.
Per i locali marci, sporchi, per la prostituzione, per quella massacrante scena di masturbazione in auto, con la vita 'normale' che ti scorre fuori dai finestrini, per il vomito sulle pareti.
L'avevo già detto parlando di quell'Opera d'Arte che risponde al nome di Requiem For A Dream: questi sono i film che vanno proiettati nelle scuole.
Perché gli anni 80 saranno un ricordo, il passato, e l'eroina non è più la peste che era.
Ma è solo il nome a cambiare. Ieri l'eroina, oggi qualcos'altro, domani qualcos'altro ancora.
Sono le nostre debolezze a restare sempre le stesse, ed è questo che dovrebbe farci paura.
Come ogni - day che si rispetti non sono certo sola, ci sono anche loro:
L’uomo che cadde sulla terra (1976) su In Central Perk
The Elephant Man (1980) su The Obsidian MirrorChristianeF. (1981) su Mari’s Red RoomFuryo (1983) su White RussianMiriam si sveglia a mezzanotte (1983) su Combinazione CasualeTutto in una notte (1985) su Non c’è paragoneLabyrinth (1986) su Director’s CultC.R.A.Z.Y (2005) su Pensieri cannibali
The Prestige (2006) sul Bollalmanacco di cinema