In un'occasione del genere, naturalmente, qualche foto è d'obbligo, a testimoniare, quando l'adrenalina sarà passata e l'eco della chitarra si sarà spento nelle orecchie emozionate, che quell'evento epocale ha inciso davvero qualche lastra del nostro passato, e non ci siamo solo crogiolati nell'inventarcelo, come un desiderio reso quasi palpabile da un sogno. In fondo è questo che in genere fanno foto e souvenir: conferire materia ai ricordi, dimostrandoci in ogni momento che ciò che è passato e non è più, in una qualche coordinata della matrice dell'esistenza dell'universo è - effettivamente - stato. Però, stare lì, tutto il tempo col telefono in mano e godersi il concerto attraverso lo schermo è qualcosa di più che surreale. Cioè, tu paghi profumatamente un biglietto anche non facile da trovare e poi vieni qui e buona parte dello show te lo passi con lo smartphone in mano a riprendere un video normalmente di pessima qualità sia vedersi che ad ascoltarsi?
Costoro, tuttavia, probabilmente non si renderanno mai conto che quel video qualcosa ha finito per costargli, mentre le loro mani erano impegnate a tenere l'inquadratura e il loro sguardo, come la loro attenzione, nella migliore delle ipotesi si divideva, un po' qua e un po' là, tra lo schermo HD e il palco. Si ha quasi l'impressione che la conquista della digitalizzazione del mondo (e con esso della vita) abbia fatto perdere ad alcuni (molti?) il gusto se non addirittura il senso del concetto di esperienza, ovvero il piacere e l'emozione di vivere uno straordinario accadimento dell'esistenza con la focalizzazione e la sintonizzazione di tutti i sensi, e la concentrazione e la consapevolezza di tutto l'essere. Invece, anche se sono lì, presenti dal vivo, questi spettatori scelgono di ridursi a guardare lo spettacolo dentro lo schermo, senza rendersi conto che, non solo è una drastica riduzione dell'esperienza, ma anche una sua anonimizzazione, perché la mediazione del display toglie vita ed energia alla performance e depotenzia l'attenzione della sua fruizione, decapitandola delle impareggiabili vibrazioni dell'esistenza. E non credere che sia poco.