Davide Toffolo alla Bao Boutique Brera

Creato il 30 novembre 2000 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco

Il 10 Giugno 2014 alla Bao Boutique Brera si è tenuto l’incontro con il poliedrico artista Davide Toffolo che per l’occasione ha allietato i presenti (per lo più fan accanitissimi) cantando i suoi pezzi e, una volta calata la maschera dal viso, parlando dell’altro suo più grande amore oltre la musica: il fumetto. In questo incontro speciale e divertente non sono mancate le domande del pubblico che hanno dato la possibilità al leader dei Tre Allegri Ragazzi Morti di ripercorrere le tappe del suo successo nel mondo dei fumetti, passando dalle riviste alle graphic novel.

L’autore inizia partendo dalle motivazioni che lo hanno spinto a fare fumetti, tutte riconducibili ad una sola e unica necessità: quella di raccontare storie che gli appartengono, esattamente come Pazienza con Zanardi. Raccontare sì, ma qualcosa d’altro e d’interessante per se stesso: l’adolescenza. Ed è allora che nasce Piera e la voglia di produrre per piccole case editrici (e si badi bene produrre non pubblicare!) in un mondo in cui non era così facile arrivare al lettore come oggi dove internet la fa da padrone. Ma in una città, Bologna, in cui regnava il fermento e dove l’autore si trasferisce a 19 anni per seguire la scuola gestita da mostri sacri del fumetto come Igort, Daniele Brolli, Andrea Pazienza e molti altri.

Davide Toffolo definisce i due giorni a settimana passati nella Scuola di Fumetto Zio Feininger i primi veri momenti formativi ricevuti nella sua vita in cui innamorarsi della dimensione esistenziale degli autori-insegnanti e desiderare ardentemente diventare come loro. E, mentre ricorda la scomparsa quasi immediata delle riviste in quegli anni di cambiamento, non può che ribadire la bellezza del fallimento, intesa come momento di estrema libertà per l’autore che non ha più niente da perdere e può dedicarsi ad un nuovo progetto senza avere le ali tarpate o l’ansia da prestazione. Libero di portare il proprio lavoro dove vuole, perché mentre l’editoria dei fumetti è un mondo fragile, gli autori veri, quelli con la “a” maiuscola restano sempre. D’altronde:

Il fumetto è una figata per la sola idea che si possa fare solo per la libertà di farlo.

Ai tempi l’autore era mosso da imput diversi da quelli di oggi: il mondo non gli somigliava e l’idea di proporre tematiche impopolari o spunti non banali erano la base delle sue produzioni, mentre ora, in un mondo che gli somiglia molto di più, gli spunti diventano altri.

Ripercorrendo le letture che lo hanno reso quello che è ora egli ci parla della sua iniziale passione per i supereroi da bambino che col il tempo si è spostata verso l’Alan Ford di Magnus (per cui vinse a 13 anni il concorso “Diventa il nuovo disegnatore di Alan Ford” per il decennale), fino ad avvicinarsi alla rivista Frigidaire durante l’adolescenza. A tal proposito afferma:

Li ho letti quando ero adolescente perciò è stato formativo. Sono stato fortunato perché invece di trovare altri fumetti meno stimolanti ho trovato quelli lì che avevano veramente dentro l’esplosivo e perciò al liceo mi è esplosa la testa. Sono particolarmente affezionato a quel momento proprio come lettore. Alla prima gita delle superiori a Bologna per fare il figo con gli altri ragazzi dissi che l’unico giornale interessante che si potesse comprare fosse Frigidaire, mentre in realtà non lo avevo mai comprato in vita mia. Lo comprai, l’ho aprì, lessi “Verde matematico” e ci rimasi. Perciò ho avuto fortuna, per essere un lettore che cresce con i fumetti poichè, sì, devi avere anche la fortuna di trovare delle letture che ti supportino nella tua crescita e perciò io non ho mai abbandonato l’idea che il fumetto possa essere una lettura che si affronta in qualsiasi momento della propria età senza essere nostalgici. La parola nostalgia, che spesso è accostata al termine fumetto, a me non appartiene.

Il fumettista parla anche dell’importanza che ha avuto per lui raccontare la diversità e così spiega al pubblico come ne Il Re Bianco, il gorilla protagonista, sviluppato partendo da una delle storie dei Racconti di Palomar di Italo Calvino, fosse una perfetta metafora di cosa volesse dire fare i fumetti in quel periodo, essere considerato strano e sfigato dai più, come un gorilla albino che non è né uomo né animale.

Infine viene preso in considerazione il suo rapporto d’amore con la fantascienza e su uno dei suoi primissimi lavori in collaborazione con Giuseppe Palumbo: Cyborg. Il giovane Toffolo infatti inchiostrò le tavole di quest’ultimo nel suo studio di Milano in una sorta di cooperazione che ha dato luogo “ad una forte e bella tensione emotiva”, tipica delle esperienze legate ad una redazione partecipata. La possibilità di osservare la crescita mostruosa di professionisti come Fabbri e Palumbo inoltre lo ha portato sin da subito ad apprezzare il sentimento dell’invidia, inteso come elemento motivazionale per fare di più, per spingersi oltre e per superare se stessi.

La serata termina sotto uno scroscio di applausi e a ElTofo non resta che mostrare le serigrafie tour dei Tre Allegri Ragazzi Morti realizzate per celebrare i vent’anni di carriera e disegnare la sua Piera per il quadretto che verrà esposto alla Bao Boutique assieme a quelli dei colleghi.


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