Ho tirato giù mezzo armadio di vestiti a bracciate, li ho scaraventati dentro la valigia e poi l'ho chiusa sedendomici sopra, come ai vecchi tempi, quando ancora viaggiavamo insieme nel mondo, oltreché nella vita.
Davvero non lo so se c'è rimasto qualcosa di quell'esistenza, della nostra storia e del nostro amore, che io mi possa portare dietro pigiato nel bagaglio. Non lo so se questa casa o l'universo si aspettano ancora dei fiati respirati da noi due. Non lo so se dovrei andare o restare, davvero non lo so.
Di certo tutti i miei non lo so sono maturati nel travaglio emozionale, nella passione, nel forte divenire di una crescita sperata e nei passi decisi di un cammino e sono zuppi di sangue e di umori, non certo dell'acqua di rose in cui si pasce lui.
Lui che sta lì, quasi disattento, come se non stessimo affrontando una questione anche sua. Sta lì, come sta al cine, spettatore vacuo di una trama altrui e desideroso solo di distendere un po' le gambe.
«Se mi vuoi, se mi vuoi ancora, fermami adesso. Fermaci adesso» gli dico con la mano sul pancino, ma senza ricercare il tragico, giusto per fargli capire, perché mi sa che ancora non ha capito bene.
Perdo roba? Sei tu la roba che perdo, vorrei dirgli, mentre m'imbatto incerta in una notte cupa.
Il lampione stasera è spento, e neanche lui riesce a darmi un sollievo, magari spolverando di un chiarore amico il blu denso come melassa che è murato fuori da casa.
I passi conficcati in quel blu hanno un sapore sgradevole: è come leccare del ferro e non riesco a farmelo piacere.
Quando mi chiama è una posa, è solo la consegna del soldatino della sua coscienza: assolve un compito e della faccenda se ne lava le mani, ma in una pozzanghera, secondo me.
Forse non dovrei, non lo so, ma va a finire che gli do una chance.
Mi fermo e lo aspetto, e scopro che riesco a versare altre forse inutili, ma forse anche ultime, lacrime.
Non ho vergogna di mostrarmi debole e indecisa con lui, io che da sempre sono la donna senza dubbi, per tutti, quella forte che si porta un po' di roba sulle spalle e l'altra, in segreto, nel cuore chiusa a chiave.
Non ci credo che voglia che io resti e glielo dico, ma aspetto ancora un po'.
Socchiudo gli occhi nella quanto mai insensata ricerca di una luce. Aspetto un abbraccio, da dietro, aspetto il suo alito sul collo, aspetto il suo corpo che s'incolla al mio. Aspetto il suo odore, aspetto un passo verso di me e verso di noi. E aspetto le sue mani, che afferrino le mie, che mi trascinino in un vortice fatale, come quando da bambini ci teniamo stretti, agganciati con le braccia a ics, e giriamo, giriamo veloce, sempre di più, coi piedi a pesticciare in un centro solo nostro e i corpi piegati all'indietro e imploranti un volo.
Prendimi, stringimi le mani, fammi girare più forte che puoi e fammi volare via, solo di questo ho bisogno in fondo: di volare via. Con te o senza di te.
E aspetto una parola, anche solo una, ma sussurrata in un orecchio, una parola che fruscia tra i capelli e mi possa trafiggere ancora.
Sussurrami, non urlare, ti prego.
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Questo racconto partecipa all'EDS Il blues dei blu come pure:
Dario con Diavoli blu
Singlemama con NY Blues.
MaiMaturo con Colori
Singlemama con La linea blu
Lillina con Il blu dell'universo che non c'è
Lillina con Morte nel blu
Pendolante con Il trattore
Call me Leuconoe con Crossroad
Marco C. con Le ore scure (grigio, rosso e blu)
I won't let you down
Calikanto con Onde
Cielosopramilano, altrimenti detto Fevarin e carnazza, con Fever
Melusina con Neon
Bianca con Diritto e rovescio
Melusina con Sostiene Teresa
Brux con So long