“Dead Man Walking”

Creato il 12 maggio 2010 da Cinemaleo

1995: Dead Man Walking di Tim Robbins

 

Tratto dalla omonima autobiografia -pubblicata in Italia da Bompiani- di suor Helen Prejean (appartenente alle Sisters of Saint Joseph of Medaille a New Orleans, è famosa per il suo impegno contro la pena di morte).

Susan Sarandon e Tim Robbins sono una delle più belle coppie di Hollywood («erano»?… le cronache parlano di una recente crisi tra i due), tra le più battagliere, impegnate politicamente e socialmente. Dead Man Walking è un po’ il loro manifesto, il loro lavoro-simbolo, la dimostrazione pratica di come combattere uno degli aspetti più negativi del mondo americano: uccidere chi ha ucciso. Molti altri film hanno parlato della pena di morte ma sempre, per quanto mi ricordi, trattando il tema della punizione di un possibile innocente. Mi sembra che è la prima volta che l’argomento non sia tanto il condannato quanto la pena in se stessa. Robbins proclama chiaramente l’atrocità di una cosa che lede la dignità umana, non solo di chi la subisce ma dell’intera società che la somministra. Opportunamente in Dead Man Walking non è importante se il condannato sia colpevole o innocente (e intelligentemente ci viene presentato come una persona tutt’altro che simpatica e accattivante): l’orribile è nel privare della vita un essere umano, chiunque esso sia, qualunque cosa abbia fatto.

Un bellissimo film, secco e asciutto, mai enfatico o melodrammatico, privo di sbavature e di facili ammiccamenti al pubblico (è la seconda prova come regista di Tim Robbins). Due ore di alta tensione che avvincono e catturano lo spettatore. Un invito alla riflessione e alla discussione sempre più attuale.

Terribili le ultime sequenze, tra le più angosciose che il grande schermo ci abbia mostrato: “quindici minuti girati con impassibile esattezza, quasi insopportabili” (Lietta Tornabuoni, La Stampa),un’agghiacciante registrazione delle nude e semplici procedure dell’esecuzione, che in Louisiana avviene per iniezione. I rituali meticolosi, burocratici, medici, di questo omicidio di stato parlano da soli” ( Irene Bignardi, Il declino dell’impero americano, Feltrinelli, Milano, 1996),

Giustamente premiato al Festival di Berlino, Sean Penn imperdonabilmente non è stato incoronato con l’Oscar per questa sua formidabile interpretazione. Un ruolo particolarmente difficile il suo, uno dei più straordinari di una carriera da dieci e lode -(1)-.

L’Oscar è stato attribuito a Susan Sarandon, inondata di premi per la sua performance. Brava, senza dubbio (e quando non lo è stata?), impeccabilmente perfetta ma… Qualcosa non funziona. Forse per l’impostazione data dal regista, il suo personaggio non «buca» lo schermo, non coinvolge più di tanto, non «trasmette» le sensazioni e le emozioni che ci saremmo aspettati.

p.s.

Da condividere quanto scrisse Luigi Paini su Il Sole 24 Ore:Dead Man Walking non è solo un film sulla pena capitale. Lo si banalizzerebbe, riducendolo a un pamphlet contro la vergogna della morte legale: …la grandezza dell’opera nasce dal rispetto. Verso gli uomini, verso la morte, verso l’insondabile mistero dei male”.

note

(1) La mancata premiazione di Penn non è stato l’unico sbaglio dell’Accademy nel 1996. Susan Sarandon fu preferita alla Meryl Streep de I ponti di Madison County, e Mel Gibson, come regista di Braveheart, prevalse su Michael Radford de Il postino e sullo stesso Robbins.

scheda

premi e riconoscimenti


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