Esistono film ed esistono giocattoli, “Deadpool” di Tim Miller appartiene alla seconda categoria senza dubbio alcuno. Fin dai dissacranti ed esilaranti titoli di testa viene subito chiarito che il botta e risposta meta-cinematografico è perno trainante del personaggio e di conseguenza del film, il dialogo tra i due lati dello schermo è imprescindibile pena trasformare il divertimento in noia. Come da prassi con il primo capitolo di una probabile serie, che tale diverrà a seconda degli incassi, ci si concentra sulla genesi del protagonista raccontandoci come il criminale Wade Wilson diventi il quasi indistruttibile Deadpool. L’opera di Tim Miller è di fatto costituita da due lunghe sequenze d’azione (la prima sicuramente più divertente della seconda) frammezzate da tutta una serie di flashback per gran parte del film, che riescono a descrivere il personaggio egregiamente nonostante il racconto si sveli senza grossi colpi di scena, anzi il canovaccio è abbastanza classico (nessun rischio in fase di scrittura).
Dove la pellicola si distanzia da altre produzioni analoghe creandosi una propria identità, è nella sua parte ludica, non a caso a scrivere il tutto troviamo Rhett Reese e Paul Wernick che continuano a giocare con i generi come fecero con “Benvenuti a Zombieland”. Se nel film con i morti viventi si divertivano a ironizzare sugli stereotipi del genere demolendo di fatto gli aspetti più politici delle pellicole romeriane di zombie, con “Deadpool” hanno la possibilità di spingersi oltre grazie anche ad un personaggio di partenza che già negli albi a fumetti è conscio del mondo di appartenenza, dialogando con il lettore comandando di fatto quanto accade. Accettato un protagonista che guardando in macchina (ed è qui che chiede inizia il gioco) tratta lo spettatore come un nuovo amico a cui raccontare la propria storia, il divertimento non tarda a palesarsi, ed anzi lavorando per addizioni di situazioni e battute che prevedono comunque conoscenza sia della cinematografia recente (spassose quelle su Liam Neeson e le linee temporali degli X-Men), ma anche del mondo dei fumetti Marvel, la pellicola fila veloce fino al suo epilogo (che strizza l’occhio agli Avengers, vista l’ambientazione dello scontro finale).
Tra sequenza politicamente scorrette e combattimenti riusciti a livello visivo, quello che penalizza maggiormente il lavoro di Miller è la sua superficialità, la totale mancanza di profondità narrativa perché il gioco è bello ma dura veramente poco. Infatti la parte centrale del film di fatto risente della costruzione blanda dei vari personaggi e nonostante le ripetute gag nascondano per questo problema, il ritmo ne risente rallentandosi indiscutibilmente. “Deadpool” porta comunque a termine egregiamente quanto promette fin dai titoli di testa (tra cui la riabilitazione di Ryan Reynolds qui anche produttore oltre che protagonista), divertendo e dissacrando il genere di appartenenza, ma dovrà sicuramente rivedere la formula in vista di un eventuale seguito, o almeno per giustificare una seconda visione perché alla fine dei titoli di testa, non c’è nessun motivo per rivedere le gesta di questo strambo personaggio.