Il ritrattoEcco un primo motivo di importanza: il ritratto di Jane Austen viene reso pubblico per la prima volta in questa biografia.E' la prima immagine che si vede aprendo il libro nell'edizione originale inglese. (N.B.: Purtroppo, nell'edizione italiana di Sellerio, peraltro fuori catalogo, queste immagini non sono incluse)E lei è esattamente come siamo abituati a figurarcela da quasi due secoli: cuffietta in testa, ciocche di ribelli capelli scuri che sfuggono dall'orlo, abito rigorosamente stile impero ben accollato, grandi occhi scuri, un volto non bello ma deciso e vivace.Dal 1870 questa è l'immagine di Jane Austen, praticamente un'icona.
A Memoir of Jane Austen: il ritratto di Jane
Eppure non è lei. Questo che ammiriamo è un ritratto eseguito in occasione di questa biografia da James Andrews di Maidenhead, il quale rielabora (un po' liberamente) un disegno eseguito dalla sorella Cassandra intorno al 1810. Il quale disegno è uno dei due soli ritratti di Jane ritenuti autentici.
Ritratto di Jane, disegnato da Cassandra (1810 ca.)
La differenza è notevole. Credo che salti all'occhio l'ammorbidimento del piglio, che nel disegno di Cassandra è più aspro, con quel volto quasi accigliato, e gli occhi persino ardenti.
Ma continuiamo a leggere, ed apriamo la prima pagina di testo...
Dear Aunt JaneUn altro motivo che rende tale biografia l'origine del "mito" Jane Austen è quel "dear Aunt Jane" (cara zia Jane) con cui l'autore si riferisce alla protagonista dell'opera quando la cita per la prima volta:
E' passato più di mezzo secolo da quando io, il più giovane dei dolenti, assistetti al funerale della cara zia Jane nella cattedrale di Winchester. E ora, che sono vecchio, mi si chiede se la mia memoria può servire a riscattare dall'oblio qualche evento della sua vita o qualche tratto del suo carattere, per soddisfare le richieste di una generazione di lettori che è nata dopo la sua morte.Lo dirà continuamente, in tutta l'opera. Se, da un lato, si può considerare un espediente (chissà quanto involontario?) per sottolineare il carattere affettuoso e familiare, quindi non accademico, di questa biografia (che, appunto, è semplicemente un memoir, cioè un ricordo), dall'altro stabilisce inesorabilmente e per sempre un vezzo che ancora oggi è radicatissimo: chi di noi non si riferisce a lei, di tanto in tanto, chiamandola proprio "aunt Jane", "zia Jane"?... Io lo faccio in continuazione!
L'altro due due soli ritratti autentici di Jane: un acquerello eseguito da Cassandra
La famiglia
Non è un caso che il primo capitolo, che contiene le Osservazioni introduttive, sia dedicato completamente ai diversi componenti della famiglia di Jane, a cominciare dal padre George, per continuare con la madre Cassandra Leigh, per finire in bellezza con la lunga carellata di fratelli (ne aveva ben cinque - ma James Edward omette di citare il fratello più sfortunato, George, ) e, last but not least, la sorella Cassandra. E poi ci sono i vicini, i parenti acquisiti, le mogli dei fratelli ed i nipoti, tutti riuniti nel variegato ed animatissimo microcosmo che stimola la mente di Jane.
L'importanza della grande famiglia come terreno fertile per la sua creatività è così stabilta fin dalle prime battute.
La loro conoscenza, di fatto, le offrì proprio il ceto da cui ella ricavò i suoi personaggi immaginari, dai membri del parlamento e grandi proprietari terrieri fino ai giovani curati e cadetti di marina, di famiglie egualmente buone; e io penso che l'influenza di quest eprime conoscenze possa esser rintracciata nei suoi scritti, soprattutto in due particolari. Primo, che ella è del tutto esente dalla volgarità, che è così offensiva in alcuni romanzi, di insistere sugli attributi esteriori della ricchezza e del rango come se fossero cose non familiari alla scrittrice; secondo, che ella tocca appena sia le più alte che le più basse situazioni sociali.Non va più giù delle signorine Steele, delle signore Elton o dei John Thorpe, gente ineducata e di cattivo gusto, che realmente possiamo trovare mescolata alla miglior società.(pag. 27)
I Luoghi
L'alpha è Steventon, luogo della sua nascita e della prima parte della sua vita, l'amatissima e vivace prima casa che lascia con molto dolore per andare a Bath, una città che non riesce ad amare...
Memoir of Jane Austen: la canonica di Steventon
...da cui, dopo aver preregrinato qualche anno a seguito della morte del padre, approda al suo personalissimo paradiso, Chawton, poco distante da Steventon, dove vivrà con la madre e la sorella (il gineceo Austen), e sarà l'omega della sua vita, dove il cerchio si chiude e la sua creatitivà riprende vigorosa e geniale.A Memoir of Jane Austen: la chiesa di Chawton
Si può dire che Chawton fu la seconda e anche l'ultima casa di Jane Austen; perché durante la temporanea residenza della famiglia a Bath e Southampton ella era ospite in un paese estraneo; ma qui trovò una sua vera casa tra la sua gente. [...] Chawton deve anche essere considerata la residenza più strettamente connessa con la sua carriera di scrittrice poiché è stato lì che, nella maturità della sua mente, o scrisse o riscrisse o preparò per la pubblicazione i libri per mezzo dei quali è conosciuta in tutto il mondo. (pag. 84)
[...] cosicché gli ultimi cinque anni della sua vita produssero un numero di romanzi pari a quello che aveva scritto nella sua gioventù. (pag.100)
Il tavolino e la porta che scricchiola
Ancora un'immagine affidata al mito. L'attività più amata, scrivere, avviene ogni giorno in circostanze quasi rocambolesche, nel soggiorno di Chawton, in mezzo alla vita quotidiana di una casa che era un porto di mare, ed era nel bel mezzo del villaggio, al crocevia della strada principale - ma la magia di quel luogo e dello splendido cervello di Jane sembra arricchirsene!
Chawon: il tavolino sul quale Jane scriveva
Come ci riuscì non si sa. Non aveva neanche uno studio e gran parte del lavoro lo faceva nel soggiorno comune, soggetta a ogni genere di interruzioni. Stava molto attenta che non trapelasse ciò che faceva né alle persone di servizio, né ai visitatori, né a nessun altro al di fuori della propria famiglia. Scriveva su piccoli fogli di carta che potevano essere facilmente esser messi da parte o copereti con un foglio di carta assorbente.
Tra la porta principale e i servizi c'era una porta volante che scricchiolava quando l'aprivano; ma lei non volle mai che questo difetto fosse tolto perché l'avvertiva se qualcuno veniva.
[...] In questo gruppo di famiglia di donne attive ci dovevano essere molte e preziose ore di silenzio, durante le quali la penna lavorava sulla piccola tavola di mogano mentre Fanny Price o Emma Wodehouse o Anne Elliot crescevano in bellezza e interesse.
Il lavoro di cesello sul pezzo d'avorio
Già stata resa nota da Henry Austen nella sua Biographical Notice, qui la metafora fulminante con cui Jane riesce a descrivere il proprio lavoro di scrittrice gode di un palcoscenico più vasto, incastonata nelle pagine finali in cui James Edward racconta della salute ormai declinante di zia Jane ma anche del suo spirito ancora forte e brillante, utilizzando alcune lettere.
E' il 16 dicembre 1816 e Jane sta scrivendo proprio a lui, il nipote James Edward:
Jane scrive (Olivia Williams, in Miss Austen Regrets, BBC)
Cosa me ne farei del tuo tratto forte, maschio, vigoroso, pieno di varietà e di splendore? Come potrei mescolarlo al mio lavoro, che traccio su una piccola tessera d'avorio, con un pennellino così delicato da produrre, dopo molta fatica, solo piccoli risultati? (pag. 148)
L'icona Jane
Per quanto riprenda elementi già raccontati da Henry nella sua Biographical Notice alcuni decenni prima, l'intero cap. V, Descrizione della persona, del carattere, dei gusti di Jane Austen può essere assurto a monumento leggendario, icona granitica del mito.
Non era di una bellezza regolare come sua sorella ma agli occhi di molti osservatori il suo comportamento aveva un fascino tutto particolare. (pag. 87)Qui si parla dell'inseparabile cuffietta, del suo amore per la musica (a Chawton suona il pianoforte tutti i giorni, prima di colazione!), la danza, il canto; legge bene il francese, conosce un po' l'italiano; sono elencati gli autori che ama di più - nuovamente, c'è un arricchimento delle note appena accennate da Henry...
Ma, da bravo nipote qual è, James Edward si sofferma sulle qualità di Jane come zia.
Il giardino della casa di Chawton
Riporta brani di lettere in cui le nipoti ricordano quanto fosse divertente passare intere giornate con lei, che raccontava storie meravigliose, anche a puntate, o che prestava loro i propri vestiti per giocare, ma che soprattutto sapeva essere ottima consigliera e vera amica.
Quanti ricordi!
Ci sono squarci di luce sulle sue vicende letterarie, la composizione dei romanzi, il suo rapporto simbiotico con essi, l'attenzione ai giudizi altrui, una raccolta di opinioni di più o meno eminenti personaggi sui romanzi, la ferrea volontà di restare separata dal mondo letterario, l'avventuroso episodio della visita al Chief Librarian del Principe Reggente (che porterà alla dedica che fregia il frontespizio di Emma)... c'è persino un trafiletto sulla diversità tra Jane e Charlotte Bronte! E non mancano parole emozionanti sul rapporto simbiotico con la sorella Cassandra.
A Memoir of Jane Austen: Steventon Manor House
Spesso, il tono compassato, lievemente ironico (un tratto di famiglia!), un po' troppo edificante del Vicario di Bray lascia spazio alla vivacità dei passaggi più intimi e domestici, quelli per i quali siamo debitori a Caroline, sorella di James Edward (il tocco femminile!).Ma soprattutto leggiamo nell'ultimo capitolo come furono gli ultimi mesi di vita, in pagine che diventano via via più commoventi.
Eppure, persino in questo frangente tragico e doloroso, troviamo altri elementi divenuti ormai leggendari in un episodio sul quale si diffonde come un'aura magica la proverbiale ironia di Jane Austen:
Non so dire quando fu che si accorse della gravità della sua malattia. [...] Le sue solite passeggiate divennero prima più brevi, poi saltuarie. Prendeva aria uscendo in carozzino. Gradualmente smise i suoi impegni abituali in casa, e dovette stare molto tempo sdraiata.Incorreggibile, irresistibile zia Jane!
In soggiorno c'era un sofà che abitualmente era occupato dalla madre, che aveva allora settant'anni. Jane non lo volle mai usare, nemmeno quando l amadre non c'era; ma si fece una specie di cuccetta con due o tre sedie e le piaceva dire che stava meglio lì che su un sofà vero.
Non sapremmo perché faceva così, non fosse per l'insistenza di una piccola nipote che la obbligò a spiegarle che, se avesse mostrato un qualche piacere a usare il sofà, la madre si sarebbe fatta scrupolo di starci quanto le faceva comodo. (pagg. 149-150)
Chiudiamo qui questo libro pieno di ricordi su zia Jane. Lo faccio con un'ultima citazione che credo celebri degnamente il valore di questa grande donna, così com'è stata raccontata dai nipoti, per mano e voce di James Edward Austen-Leigh.
[...] Uno degli uomini più intelligenti tra le mie conoscenze disse, con quel tipo di scherzo che contiene in sé molta verità, che lui aveva stabilito, come un test di nuovo genere per saggiare l'intelligenza, di chiedere alla gente se amava o no l'opera di miss Austen. (pag. 125)
- Tutte le citazioni in italiano sono tratte dall'edizione Sellerio, 1992, fuori catalogo, ahimé.
- Per la versione originale, raccomando l'edizione Oxford University Press, che raccoglie tutti i memoir familiari.
Il testo originale del Memoir èof Jane Austen è disponibile gratuitamente ed in diversi formati anche sul sito Project Gutemberg.
- Novità in italiano: Raccomando di tenere d'occhio la pagina dedicata ai memoir sul sito jausten.it che l'autore, Giuseppe Ierolli, sta arricchendo con la traduzione italiana (con testo originale a fronte) di tutti i memoir familiari.
21/09/11 Ultim'ora!
Su jausten.it è iniziata la traduzione del Memoir di James-Edward Austen Leigh!