A memoria mia da sempre sono stato sensibile al fascino delle canzoni, ma è all'inizio dell'adolescenza che la musica rock mi rotolò addosso. A 14 anni ogni sera alle 8:00 di sera avevo il rito di sintonizzarmi alla radio sulla RAI all'ascolto di Supersonic, "musica a Mach II". Già la sigla era stratosferica, allora non lo sapevo ma era un tratto strumentale di In A Gadda Da Vida degli Iron Butterfly. Il programma trasmetteva canzoni orecchiabili, roba da radio FM, ma io non conoscevo altro. Non sono sicuro di ricordare bene quali, ma se devo giudicare dai 45 giri che comperavo (i 33 costavano troppo per la mia mancia settimanale) direi Dicitincello Vuje di Alan Sorrenti, David Bowie, Elton John (Crocodile Rock), Rolling Stones (Angie), e un bel po' di quel proto-punk che furono i 45 giri inglesi definiti haevy metal bubblegum, come Suzie Quatro (Can the Can), Sweet (Ballroom Bliz), Slade, che potrei definire la wave dei miei 14 anni.
Ci misi poco ad accorgermi che appena finito Supersonic, alle 21:30, apriva un paese delle meraviglie di altra portata. Si intitolava Pop Off, il rock del mediterraneo, e trasmetteva musiche di altra caratura, di altra profondità, altro peso specifico, musiche che non seguivano necessariamente le regole tradizionali delle canzoni ma si perdevano in una magia sonora che pareva promettere il nirvana. Una vera strada della rivelazione, quella del ROCK. Parliamo di Pink Floyd (e mica quelli glamourous di Dark Side, ma della ipnotica suite di Atom Heart Mother), Genesis, CSN&Y, Dylan, Jackson Browne, Gato Barbieri… l'iniziazione al mio futuro. Ogni sera della settimana era il territorio di un dj diverso, e da subito capivi con quale di loro si sviluppava una speciale empatia, quale era capace di far vibrare in sintonia le corde della tua anima. C'era Fiorella Gentile, simpatica, la più semplice da seguire. C'era Raffaele Cascone, con il rock partenopeo che allora vantava Napoli Centrale, i Bennato, NCCP. C'erano Maria Laura Giulietti, Dario Salvatori, Michelangelo Romano, ma sopra tutti per me c'era Carlo Massarini, il mio primo guru musicale: "il rock del mediterraneo, 90 minuti di sana e solida musica rock". La sua passione, era evidente, erano Traffic e Jackson Browne, ma ognuna delle sue serate era una scoperta di qualche nome nuovo, di qualche disco nuovo: "la sensazione di totale immersione nella musica, nella notte, nella radio. Quasi sentivi il respiro di quelli che ti stavano ascoltando. La musica era il carburante, la radio il veicolo, il programma era il viaggio, la destinazione…" (Massarini).
Nel pomeriggio alla radio c'era Per Voi Giovani, che ascoltavo di rado, ma mi ricordo nell'estate del 1974 la sequenza dei cento dischi dell'isola deserta, trasmessi in ordine inverso, dall'ultimo al primo, e i posti alti erano occupati dai Genesis, forse Yes ed il primo da Ummagumma dei Pink Floyd, un doppio LP che più che all'isola deserta apparteneva al mito dell'isola del paradiso perduto, Tir Na Nog o Avalon, un disco che nessuno di noi possedeva ma che qualcuno aveva ascoltato e ti raccontava. Da subito iniziarono le mie vacanze estive inglesi, da cui tornavo carico di LP, ed ogni buco di quella mitologia sarebbe presto stato riempito; la radio perse un po' importanza nei confronti dell'ascolto dallo stereo dei dischi che ormai possedevo, oppure dei dischi degli amici, perché in assenza di una scena live (per colpa degli squadristi della "musica è di tutti", perciò nei fatti di nessuno) ci si trovava ad ascoltare i dischi dell'uno o dell'altro, da Foxtrot a Desire, da It's Only RnR a Walter Carlos.
E nei confronti della carta stampata, che allora significava il Ciao 2001 di Manuel Insolera, Enzo Caffarelli e Trashman alias "Michel Pergolani da Londra", fino a che non arrivarono Muzak, Gong e poi Popster e soprattutto Il Mucchio Selvaggio di Max Stefani. Il mio eroe rimase Carlo Massarini, che recensì sulle pagine di Popster Darkness On The Edge Of Town di Bruce Springsteen e intervistava brother Jackson Brown. Quando cadde il monopolio della radio di stato ed arrivarono le radio libere, ebbi la mia trasmissione, anzi tante mie trasmissioni, che si chiamavano invariabilmente "Hallogallo", per via della sigla dei Neu! e in cui imitavo spudoratamente la voce e le parole di Massarini. Molti di questi ricordi li ho ritrovati in un album dei ricordi, Dear Mr.Fantasy, che Carlo ha pubblicato per la Rizzoli, con un percorso della memoria della testimonianza della sua esperienza di rock attraverso 13 anni di fotografie, di tutti i più grandi che poteva capitare di fotografare in quegli irripetibili anni da un addetto ai lavori... "un'epoca musicale in cui tutto era possibile".
Massarini non è spocchioso e assieme a Fripp, Capaldi, Zappa, Cohen e Miles Davis fotografa anche nomi meno nobili come i Queen o certi artisti da classifica, ma in questo è americano, una terra dove gli steccati di genere sono culturalmente meno forti che nella vecchia Europa (forse per questo la postfazione è di Jovanotti).
(Blue Bottazzi)
C'è un'altra generazione ad aver imparato tantissime cose nella "School of rock" di Carlo Massarini: la mia. E la classroom era quella di "Mister Fantasy".
Ricordo benissimo quando, nel 1981, alcuni amici milanesi conosciuti durante una vacanza londinese mi suggerirono di vedere la sua nuova trasmissione: Carlo Massarini - mi spiegarono - è una garanzia. Sin dalla sua prima entrata, vestito completamente di bianco in uno studio minimalista, divenni una sua fan e fu guardando "Mister Fantasy" che scoprii artisti che poi amai moltissimo: Joe Jackson, Elvis Costello, Paul McCartney, Lou Reed, Marianne Faithfull, Talking Heads... Certo, noi adolescenti leggevamo anche riviste musicali - Il Mucchio Selvaggio su tutte, poi Rockstar e Ciao 2001 - ma all'inizio degli anni Ottanta in Italia c'era già il boom delle televisioni private. Nessun programma del Biscione però (Deejay Television, Be Bop a Lula) poteva competere con "Mister Fantasy", che tra l'altro trasmetteva i videoclip presentandoli senza tagli e dando il giusto peso a regia, fotografia ed eventuale sceneggiatura.
Si tende a ripensare, con il passare degli anni, alla propria iniziazione rock come a un evento speciale. Senza dubbio, la bravura di Carlo nel proporre senza mai "imporre" nuovi e vecchi generi (cosa nella quale invece il ben più antipatico Fegiz, che in alcuni siparietti rappresentava la "voce critica con sigaro" del programma, non brillava) era un bell'esempio di televisione. La sua spontaneità con cui intervistava gli artisti, spesso ospiti in studio, è stata per me uno stile giornalistico al quale guardare.
A Carlo devo molto. Anche se per rimanere sveglia a guardare il suo "Mister Fantasy", che andava in onda su Raiuno il giovedì attorno alla mezzanotte ed oltre, affrontai qualche litigata con i miei genitori perché il venerdì a scuola c'erano sempre le prime ore di Latino e Greco. Ancora oggi, mi capita di fischiettare My Male Curiosity di Kid Creole & The Coconuts, per i quali lui nutriva una spiccata simpatia. A dispetto di chi ascoltava (per finta?) solo Bob Dylan!
(Eleonora Bagarotti)