Adrian Van Utrecht, Vanitas Still life with a Bouquet and a Skull (1643). Oil on canvas© The Richard Harris Collection
La mostra attinge a piene mani dalla collezione privata dell’americano Richard Harris che da anni raccoglie oggetti, dipinti, stampe, sculture etc. che hanno come tema la morte e una volta dimenticato il fatto di essere volontariamente venuti a contatto con un argomento che di solito si fa di tutto per dimenticare, quella della Wellcome è una mostra veramente coinvolgente. Organizzata tematicamente lungo cinque sale, esplora i modi diversi in cui culture diverse in periodi diversi hanno affrontato l'inevitabile. Sin dall'antichità infatti l’angoscia e il mistero che circondano la morte hanno spinto gli uomini ad elaborare raffigurazioni che fossero di impatto immediato al fine di scuotere la coscienza dell’osservatore. E così dalle rappresentazioni della vanitas del protestantesimo olandese alle drammatiche stampe di Dürer e Goya si passa ai buffi scheletri ukiyo-e del giapponese Kawanabe Kyosai che giocano fra loro e sembrano divertirsi una sacco, per nulla turbati dal fatto che della loro persona non è rimasto altro che le ossa.
Kawanabe Kyosai's Frolicking Skeletons: emphasising the carefree spirit of the world beyond. Photograph: The Richard Harris Collection/Wellcome Images
Che una cosa è certa: quello della morte è un tema universale. La morte non solo come memento mori, ma come satira sociale perché davanti a Dio (o chi per lui) siamo tutti sono uguali. Certo non èuna mostra da affront a cuor leggero, soprattutto quando si arriva alle stampe di Otto Dix dove la tragedia della Guerra davvero non ha bisogno di parole.
Otto Dix, Shock Troops Advance Under Gas (1924).
Photograph: The Richard Harris Collection/Death: Wellcome Collection
|
fino al 24 Febbraio,
http://www.wellcomecollection.org/