Non esulto perché le macerie sono evidenti ovunque e occorreranno parecchio olio di gomito e pazienza infinita per ricostruire il tessuto morale di questo Paese.
Non esulto perché la contrapposizione tra tifoserie ci ha portato al lutto esibito da rappresentanti delle istituzioni privi di alcun pudore. Come se il Senato fosse stato chiamato a giudicare sulla colpevolezza o sull’innocenza di Berlusconi, un pregiudicato condannato in via definitiva, e non ad applicare una legge, la Monti-Severino, che gli stessi parlamentari forzisti avevano sollecitato e approvato. Feroce contrappasso per chi ha utilizzato il potere per sfornare leggi ad personam senza ritegno, certo. Ma tant’è: la legge, questa volta, è stata uguale per tutti.
Non esulto perché stamattina, da Londra, Mario mi ha inviato un articolo apparso su “Metro”, giornale che viene distribuito gratuitamente su metropolitana, tram e bus, dal titolo eloquente: “Nonostante l’espulsione dal Senato Silvio continua a lottare, senza vergogna”. Nel solco di ciò che prima delle elezioni del 2001 l’Economist sparò in copertina: “Why Silvio Berlusconi is unfit to lead Italy”.
Non esulto perché in qualsiasi parte del mondo un Berlusconi sarebbe stato incandidabile sin dal 1994 e perché la sinistra non ha mai fatto nulla di concreto per risolvere il nodo del conflitto d’interessi, pur avendone avuta la possibilità già nel 1996. Anche se, in effetti, ci sarebbe finalmente da rallegrarsi, considerato che in questi due decenni Berlusconi, prima ancora che avversario politico, è stato il formidabile alibi di una sinistra spesso inconcludente, a volte complice (più o meno volontaria), di certo deludente.
Non esulto perché il mio pensiero va anche agli amici che hanno creduto sinceramente alla “rivoluzione liberale” promessa da Berlusconi nel 1994, a chi ha compromesso relazioni personali nell’assurda guerra tra il bene e il male che ci hanno fatto combattere, per poi ritrovarci, tutti, con le pezze al culo. Più poveri e più sfiduciati.
Non esulto perché ripenso alla profezia di Indro Montanelli: “Tutto finirà male, malissimo, nella vergogna e nella corruzione. E sarà stato inutile avere ragione”.
E quindi, rimbocchiamoci tutti le maniche e ripartiamo. Senza più giustificazioni, né capri espiatori. Da qui. Dal disastro di questi venti anni.