Quelle del 2013 avrebbero dovuto essere le elezioni politiche del cambiamento radicale, delle novità su tutti i fronti, della rottamazione tout court.
Ma, purtroppo, accendo la tivù e vedo Berlusconi, Monti e Tremonti, Casini, Bersani, Maroni, Calderoli. I discorsi sono identici a quindici, venti anni fa; persino le parole sono esattamente le stesse.
Insomma avrebbe dovuto essere rinnovamento e invece è solo rinnovo. La differenza linguistica tra i due termini è sottile, ma i significati stanno l’uno agli antipodi dell’altro.
Per quanto cerchi di ignorarla, e di resisterle, l’angoscia sociopolitica mi prende alla gola, allo stomaco, e sento dentro il bisogno ansioso di trovare una via di salvezza.
Ieri sera, per esempio, mi è venuto in mente il Decamerone. Che poi è la storia di un gruppo di donne e uomini i quali, per sfuggire agli orrori della peste fiorentina dell’anno 1348, provano a dimenticare le brutture del mondo e del tempo in cui sono immersi raccontandosi a vicenda delle storie di amore, di intrigo, di sesso, di splendori e di miserie.
Quanto sarebbe bello, mi dicevo, trovare una decina di persone – già conosciute o meno poco cambia – pronte ad esiliarsi con me nelle due settimane pre-elettorali, rinunciando a cellulari e amici virtuali per riunirsi e, semplicemente, raccontarsi delle storie boccaccesche al solo fine di ritrovare il gusto di stare insieme.
Potremmo inventare storie di inganni, tradimenti, e dimenticare così gli inganni e i tradimenti sociali che, vedendoci impotenti, ci causano solo frustrazione. Potremmo leggere o narrare di amori e passioni e chissà… magari, in tale modo, ricordarci che, nonostante tutto, siamo ancora vivi.