È ormai risaputo che l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C ha distrutto Ercolano e Pompei ma non in maniera irreversibile. Qualcosa infatti è pur rimasto: nel 1752, grazie ai lavori commissionati da carlo di Borbone, ad esempio fu scoperta una biblioteca, che conteneva diversi e numerosi papiri, circa 800 “sopravvissuti” alla carbonizzazione della cenere. La villa, sepolta sotto 15 metri di cenere, fu chiamata non a caso “Villa dei Papiri”. Da allora vari studiosi hanno cercato il modo più consono per decifrare i papiri, seppure l’impresa non fosse affatto facile. Alcuni infatti sono stati solo distrutti.
Dopo quasi 2 mila anni in cui tutto non ci sono stati risolti positivi, grazie ad altri studi, condotti da studiosi e ricercatori nel campo, sono stati decifrati ben ben due rotoli di papiro carbonizzati. Dopo vari tentativi, infatti, nel 2009, ci fu una piccola svolta: Brent Seales, scienziato informatico all’ “Università del Kentucky” a Lexington, ha cercato di decifrare i papiri, utilizzano i raggi X ma i risultati non furono soddisfacenti. Così recentemente hanno iniziato ad utilizzare un’altra tecnica, a cura di Vito Mocella, dell’ “Istituto per la Microelettronica e i Microsistemi del CNR” di Napoli, che presiedeva un team internazionale di studiosi ed in collaborazione con l’ “Institut de recherche et d’histoire des textes”: si trattava della Tomografia a raggi X a contrasto di fase, che permette di vedere all’interno dei papiri danneggiati senza srotolarli. Tale tecnica è analoga ad una TAC medica.
Ecco l’articolo in lingua originale, pubblicato su www.nature.com. Ed a seguire una foto di Ansa/E. Brun che mette in evidenza un particolare di un papiro decifrato.
Foto di Ansa/E.Brun