Tutti sanno della straordinaria capacità che hanno gli esseri umani di produrre errori. È così, l'errore prende tutti nella sua rete, è un dominio assoluto e vastissimo che accomuna insipienti e saggi, con la differenza che il saggio progredisce e trae vantaggio dal'errore, ne diventa amico e lo tratta con rispetto, anzi lo sbaglio gli è perfino congeniale. In qualche caso è addirittura cercato con spericolate manovre intellettuali e giustificati paradossi, allo scopo altissimo di scoprire nuove relazioni tra le cose. Al contrario, per l'insipiente l'errore è fonte di un imprecisato stupore, ed è qualcosa da togliere di mezzo il più presto possibile, un inciampo inutile sulla strada che lo porta alla verità, messo naturalmente da qualcun altro nel tentativo di farlo desistere dal suo scopo (sempre futile) di giungere a una certezza assoluta, l'errore è qualcosa da dimenticare in un battere d'ali. Il risultato certo è la moltiplicazione dell'errore. Commettere errori e moltiplicarli sembra essere una condizione speciale e incontrovertibile e ripeterli ha una sua malignità che alligna nella smemoratezza e nella perversione. Per il saggio lo sbaglio è dunque un' apertura nello scenario del reale da non perdere, è l'opportunità di gettare il proprio occhio scrutatore oltre l'orizzonte basso del già visto, mettere il dito nella propria anima, se si può dire, e sapere qualcosa di più circa l'orientarsi nel mondo. Il filosofo ci insegna che ci si avvicina al vero secondo leggi dinamiche di correzione, attraverso passaggi tortuosi e periferici isolati e severi. Inciampando e sollevandosi si misurano le forze, la prudenza si affina e imprime al pensiero nuove traiettorie di guida. La coscienza indica ai perplessi nuove possibilità di esplorazione e, se il sentiero si interromperà al limite di un dirupo sarà la contemplazione del dirupo e il sentiero percorso lo scopo dell'errare. Il filosofo ci insegna che mondarsi dagli errori non è possibile.
Tutti sanno della straordinaria capacità che hanno gli esseri umani di produrre errori. È così, l'errore prende tutti nella sua rete, è un dominio assoluto e vastissimo che accomuna insipienti e saggi, con la differenza che il saggio progredisce e trae vantaggio dal'errore, ne diventa amico e lo tratta con rispetto, anzi lo sbaglio gli è perfino congeniale. In qualche caso è addirittura cercato con spericolate manovre intellettuali e giustificati paradossi, allo scopo altissimo di scoprire nuove relazioni tra le cose. Al contrario, per l'insipiente l'errore è fonte di un imprecisato stupore, ed è qualcosa da togliere di mezzo il più presto possibile, un inciampo inutile sulla strada che lo porta alla verità, messo naturalmente da qualcun altro nel tentativo di farlo desistere dal suo scopo (sempre futile) di giungere a una certezza assoluta, l'errore è qualcosa da dimenticare in un battere d'ali. Il risultato certo è la moltiplicazione dell'errore. Commettere errori e moltiplicarli sembra essere una condizione speciale e incontrovertibile e ripeterli ha una sua malignità che alligna nella smemoratezza e nella perversione. Per il saggio lo sbaglio è dunque un' apertura nello scenario del reale da non perdere, è l'opportunità di gettare il proprio occhio scrutatore oltre l'orizzonte basso del già visto, mettere il dito nella propria anima, se si può dire, e sapere qualcosa di più circa l'orientarsi nel mondo. Il filosofo ci insegna che ci si avvicina al vero secondo leggi dinamiche di correzione, attraverso passaggi tortuosi e periferici isolati e severi. Inciampando e sollevandosi si misurano le forze, la prudenza si affina e imprime al pensiero nuove traiettorie di guida. La coscienza indica ai perplessi nuove possibilità di esplorazione e, se il sentiero si interromperà al limite di un dirupo sarà la contemplazione del dirupo e il sentiero percorso lo scopo dell'errare. Il filosofo ci insegna che mondarsi dagli errori non è possibile.
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