Alla fine degli anni settanta, abitavo in un paese a meno di trenta chilometri da Firenze e non avevo mai visto cinesi, negli anni successivi, molto sporadicamente, incominciai ad incontrarne qualcuno, ma così raramente che mi parevano tutti uguali.
L’esperienza ci dice che anche psicologicamente non ci sono due individui perfettamente uguali.
E com’è dal punto di vista spirituale?
Il mio Maestro (Marco Ferrini) invita sempre a seguire modelli virtuosi e mai ad imitare.
Io credo che lui dica questo perché è perfettamente consapevole che il più grande tradimento verso noi stessi consista nel seguire strade che non ci appartengono. Come non applicheremmo indiscriminatamente un esercizio fisico a chiunque e nemmeno ci aspettiamo la stessa reazione allo stesso stimolo in persone differenti, perché mai dovremmo immaginare che la vita spirituale debba procedere negli schemi precostituiti di un modello, seppure perfetto?
Ci sono pinguini, foche e squali che vivono nello stesso ambiente, ma ognuno si nutre, riproduce, vive e muore in un modo differente. All’interno della comunità dei pinguini poi ci saranno quelli che durante i meno cinquanta dell’inverno Antartico, proteggono in prima fila la comunità che si raggruppa per scaldarsi ed altri che si dispongono nelle retrovie, tra le foche vi saranno quelle più disposte a giocare ed altre più pronte a mordervi. Lasciamo perdere gli squali al momento.
Se per una serie di circostanze, non sempre volontariamente cercate, mi troverò all’interno di una comunità di ricercatori spirituali, adotterò la sua disciplina, reciterò i suoi mantra, respirerò, mi nutrirò, parlerò, danzerò e mi muoverò, all’interno di un perimetro delimitato da ciò che chiameremo Tradizione. Mettiamo che qualcuno non intenda stare all’interno di nessuna tradizione e voglia costruirsi qualcosa di nuovo e diverso prendendo un po’ da una parte e un poco da un’altra. Anche in questo caso (a proposito: buona fortuna!) inevitabilmente verrà a costituirsi un contenitore fatto di ritualità e credenze che circoscrivono la ricerca spirituale degli adepti.
Una tradizione spirituale degna di questo nome, per definizione deve permettere lo sviluppo di qualità spirituali nelle modalità proprie di ognuno, quindi in una gamma infinita. Se tutti i cristiani recitano il Padrenostro e tutti i Vaishnava cantano il Mahamantra, ognuno di loro, statene certi, lo farà in modo diverso, le parole sono le stesse, ma il sentimento no. Sono sicuro che il mio Maestro, rifacendosi alla Bhagavadgita, mi direbbe che ciascuno si avvicina allo spirito secondo il suo guna e karma, ovvero secondo il suo temperamento e la sua esperienza.
Evidentemente esiste per ognuno di noi un sentiero da seguire che non può essere quello di un altro, la modalità di esprimere anche la stessa fede è per ciascuno diversa. Ci dobbiamo “individuare”, direbbe K.G. Jung, dobbiamo trovare noi stessi, avrebbe sentenziato Socrate 2.400 anni prima e non lo possiamo fare ripetendo pappagallescamente quello che abbiamo imparato dai testi e dai maestri: dobbiamo sperimentare nella vita quotidiana la saggezza di quegli insegnamenti, declinandoli al nostro presente imperfetto.
Ma non dobbiamo neanche biasimare chi usa luoghi comuni e comportamenti stereotipati, o forse pensiamo che l’illuminazione da tutti ricercata, provenga dal suono di un sassolino che sbatte in una ciotola di metallo? Può anche essere così, ma prima, dietro a quel suono illuminante, vedrete c’è una vita di disciplina ed esercizi spirituali, di ricerca e meditazione: dal niente non nasce nulla, in biologia come nello spirito. Così, come un bambino nei primi anni di vita ha bisogno di modelli da imitare, gli stessi ai quali, quando diventerà adolescente, si opporrà drasticamente, per scoprire nell’età matura che proprio quegli stessi modelli, prima imitati e poi contestati, si trovano ora, ben saldi, nella zona più profonda della sua psiche; così per il ricercatore spirituale è normale che all’inizio sia portato all’imitazione, è una sorta d’identificazione col genitore, e trovo del tutto naturale che vi siano momenti di difficoltà con gli insegnamenti e la disciplina, superati i quali si apre una strada nuova, forse neanche immaginata, e sarà il mondo circostante ad entrare nel nostro contenitore, noi non dobbiamo neanche più pensarci: come guidare l’auto ed ascoltare la radio!
Preciso che questo non è un percorso lineare, personalmente consto che sovente le tre fasi s’intrecciano, anche pericolosamente. Qui diverse strategie si possono mettere in campo, dipende dai “generali” che abbiamo addestrato.
Ma questo è un altro discorso.
Graziano Rinaldi
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