Dedicato agli amici che stanno partendo

Creato il 09 agosto 2013 da Barbini


"Ma i veri viaggiatori partono per partire e basta: cuori lievi, simili a palloncini che solo il caso muove eternamente, dicono sempre "andiamo", e non sanno perché. I loro desideri somigliano alle nubi. Charles Baudelaire nei "Fiori del Male".  Ecco, dedico queste poche righe agli amici che stanno partendo per un viaggio. Una vacanza, un viaggio di studio, una scoperta. Cosa significhi il viaggio per me l’ho capito da un pezzo. So bene che il viaggio riesce ad allontanarmi dai brutti pensieri e a donarmi una nuova libertà. Non ho l’impressione di aggiungere ogni volta qualcosa a me stesso. Se proprio devo, penso piuttosto a un’opera di pulizia interiore. A un sottrarre più che a un accumulare. Col viaggio, insomma, mi alleggerisco e mi metto a nudo. Mi spiego meglio: quando parto, o appena prima di partire, mi sento come un vecchio barcone che sta sott’acqua, incrostato di conchiglie, sabbia e vecchio cordame. Ecco, per riportarlo a galla, per farlo navigare, è necessaria quest’opera di pulizia, occorre scrostare tutto ciò che lo appesantisce. C’è anche un’altra lezione che credo di avere in qualche modo assimilato nelle giornate corse via nelle desolate distese della Terra del Fuoco o sui ghiacci antartici. Oggi so che il viaggio libera anche la voglia di ripercorrere con levità le tante stagioni della vita. So che significa girovagare nel tempo come se i ricordi fossero una o tante stazioni di un viaggio immateriale. Avventurarsi sui sentieri del passato e bighellonare oltre i limiti del tempo come se ieri non fosse ancora stato e domani fosse già accaduto. Il viaggio ti insegna a stare bene con te stesso e a sopportare il fardello della solitudine. Poi però ti restituisce il valore della compagnia. Ecco, proprio questo. Scrivere le mie storie di viaggio è restituir- mi la gioia della compagnia in questo mio errare nel mondo. Perché c’è una solitudine fatta di regole inaccettabili, di tanto vuoto, di tristezza che si dice necessaria solo per giustificarla a noi stessi. E c’è una solitudine che riesce a essere ugualmente piena: di parole, di volti amici, del tepore che si guadagna in un bivacco stando gomito a gomito, appagandosi del fuoco e dei pensieri che corrono. Un bivacco è prima di tutto un cerchio intorno al quale ci riunia- mo per un racconto e una condivisione. Quando ci penso mi si riaf- faccia l’idea della circolarità del tempo, come se il nostro andare fosse in realtà un appartenere a questo cerchio che ci accoglie e ci raccoglie. Non so, ma credo che qualcosa voglia dire. Ecco, questa è la mia solitudine. Una solitudine che ha bisogno di pagine, perché ha bisogno di compagnia. Mi piace questa enfasi sul viaggio, perché mai come al momento di partire mi convinco di quanto la mia lontananza sarà vicina a quello che cerco. E mi piace l’enfasi sulla circostanza di raccontare un viaggio. Solo alcuni anni fa non avrei colto il nesso tra viaggio e scrittura. Oggi so di viaggiare alla ricerca delle parole per scrivere storie: le mie, che voglio ricordare e sentire, e quelle degli altri, che ho bisogno di vedere, per raccontare. Viaggiare in questo senso mi conduce a un migliore equilibrio fra vedere ancora il mondo e sentirlo veramente. Quanto ai luoghi, non saprei dire se sono io a cercarli o sono loro a cercare me. So solo che vorrei appartenere ai luoghi che incontro. http://picasaweb.google.com/titobarbini26

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