Possiamo, partendo dall'analisi della chiazza di petrolio, dell'ecosistema del Golfo del Messico, e dei casi precedenti di fuoriuscite di greggio del passato, fare una previsione di ciò che succederà nell'immediato futuro.
Attualmente sappiamo che il petrolio, nella migliore delle previsioni, è fuoriuscito in quantità tale da poter riempire 450.000 barili, coprendo un'area di 10.700 km quadrati. Giusto per rendere l'idea, possiamo paragonarla all'estensione della Giamaica. Ed ogni singolo barile di petrolio equivale ad 86 litri di petrolio: abbiamo, per ora, quasi 39 milioni di litri di petrolio che vagano in mare, con circa 400.000 litri che si aggiungono quotidianamente.
Sappiamo anche che la falla è stata probabilmente causata sia da noncuranze in fase di costruzione, sia da disattenzioni (volute o inconsapevoli sarà qualcun altro a deciderlo) durante la manutenzione. Pare infatti che, secondo l'analisi del sito The Oil Drum, nelle ore prima dell'esplosione l'equipaggio addetto alla perforazione fosse a conoscenza che qualcosa stava andando storto.
Sapendo questo, non si sarebbero preoccupati di monitorare lo stato del cemento, operazione chiamata "cement-bond log", che serve a verificare lo stato del cemento per assicurarsi che sia solido e che non si possa frantumare se fuoriuscisse una bolla di gas o si verificassero situazioni di pericolo.
Il rivestimento di cemento attorno al buco di perforazione infatti è un elemento fondamentale per assicurare la sicurezza dell'impianto, e per limitare al minimo i danni causati dall'estrazione.
La cosa ancora più preoccupante è che Arthur Berman, geologo di The Oil Drum, ha notato che il cemento per la costruzione della protezione attorno al pozzo di perforazione non era neanche lontanamente sufficiente a creare le condizioni ideali di sicurezza e stabilità per evitare il disastro al quale stiamo assitendo. E non sarebbe l'unico pozzo di estrazione costruito seguendo le stesse linee-guida.
Cosa significa? Significa che, oltre ad avere il problema della Deepwater Horizon da risolvere, presto o tardi ce ne sarà un altro, ed un altro ancora. La storia lo conferma infatti: dal 1992 al 2006 ci sono stati almeno 38 incidenti più o meno gravi nel solo Golfo del Messico, il 40% dei quali causati da cemento non conforme agli standard di sicurezza.
La Associated Press ha fatto notare infatti che gli standard di qualità del cemento utilizzato per i pozzi di perforazione sono decisamente più flessibili e bassi di quelli applicati per la fabbricazione di cemento stradale.
Le regolamentazioni federali infatti non determinano che tipo di controlli di sicurezza le compagnie petrolifere debbano effettuare sul tipo di cemento utilizzato, lasciando tutto nelle mani e nelle valutazioni delle compagnie di estrazione.
Tutto ciò significa anche che il problema della Deepwater Horizon potrebbe non risolversi con l'operazione top-kill. Se si utilizzassero gli standard di qualità finora applicati, forse l'operazione top-kill potrebbe soltanto limitare o interrompere la falla per un periodo di tempo limitato.
Ed intanto, il tempo corre. Al ritmo attuale, entro 90 giorni la quantità di greggio immesso in mare sarà pari a 1,8 milioni di barili, ad un ritmo di circa 5000 barili di petrolio al giorno. Una minaccia letale per i delicati e meravigliosi ecosistemi del Golfo, che saranno irrimediabilmente compromessi anche se la falla verrà fermata con successo.
Secondo le previsioni, ed analizzando il caso della Exxon Valdez del 1989, l'ecosistema marino inizierà a mostrare segnali di ripresa tra 20-30 anni circa, sempre che la falla venga arginata entro i prossimi giorni.
L'incidente della Exxon Valdez rilasciò in mare circa 271.000 barili di petrolio, quasi la metà di quanto la Deepwater Horizon abbia immesso nell'oceano fino ad oggi. Non sono un biologo, ma 20-30 anni per la ripresa dell'ecosistema marino mi sembra una previsione fin troppo rosea.
Ad aggiungersi a tutto questo, ci sono i migliaia di litri di disperdenti che sono già stati immessi in mare. Basta vedere il filmato di questo post di ieri per capire l'effetto che questi agenti chimici stanno avendo sul petrolio: creano un precipitato che si va diffondendo sempre più in profondità.
Senza considerate che i disperdenti sono nocivi, ed uccidono la fauna e la flora marina.
Un bel disastro, non c'è che dire. E mentre Kevin Costner spera che la sua macchina separatrice venga testata il più preso possibile (altrimenti non saprà più dove andare a pescare...), il mondo non può fare altro che confidare nell'operazione top-kill della British Petroleum, nello spazzolone e nell'olio di gomito di migliaia di volontari, e nel fatto che la natura, sempre più a fatica man mano che il tempo passa, riesca a recupare l'antico splendore che contraddistingueva il Golfo del Messico.
Curiosità: la British Petroleum ha messo in piedi un live streaming per osservare in real-time la fuoriuscita di petrolio. Potete vederlo seguendo questo collegamento.