" Defamiliarizzazione" è una parola ostica per un concetto semplice: il rendere non familiare un qualcosa che lo è. Il senso di questa operazione nasce dal fatto che semplicemente non vediamo ciò a cui siamo abituati e che, dandolo per scontato, finiamo per smarrirne il significato.
Caso particolare e interessante è quello di quegli elementi urbanistici che associamo stabilmente a certi luoghi e che finiscono derubricati a sineddoche topografica (Colosseo==Roma, Tower Bridge==Londra, eccetera).
Ecco che defamiliarizzare simili elementi è una tattica efficace per coinvolgere il lettore, sfruttandone il disorientamento: la distanza creata fra la nuova resa dell'edificio o del luogo (e di ciò di cui sono eventuale simbolo) e la sua vista abituale è uno spazio narrativo, poiché induce il lettore a colmarlo in base al contesto del racconto, immergendosi così nella storia.
In Ringo, seguito di , edito da Sergio Bonelli Editore e ideato da Roberto Recchioni ed Emiliano Mammucari, gli autori sfruttano questa tattica nei suoi due aspetti fondamentali: mostrandoci monumenti simbolo delle città italiane, offrono una precisa contestualizzazione geografica, ma le modifiche inserite nella loro rappresentazione stimolano riflessioni.
In particolare, la rappresentazione di San Pietro, che nella sua prima apparizione appare spogliata dall'aura di potere correntemente ascrittale, per poi invece rivelarsi ancora sede di un potere, caratterizzato, fra le altre cose, da un ribaltamento di genere (da patriarcale a matriarcale) e da un rapporto problematico con il sesso.
Da notare che questo meccanismo si allaccia direttamente a quel genere vedutistico, molto in voga nel XVIII secolo, che rappresentava scorci di rovine classiche: in quel caso, la distanza da colmare era fra la memoria della gloria passata e il presente degradato.