Il guscio vuoto di una chiocciola. Grande come una pallina da ping pong. Chiaro come calcio e gesso costellato di licheni che la fanno somigliare a M51, un cane da caccia della muta boreale. Un cielo notturno intermittente in terra fatto di lampiridi che giocano a fare le costellazioni mobili. La pelle di un colubro come un camaglio e un usbergo troppo piccoli per esistere davvero, troppo reali per appartenere a un elfo. Una polla d'acqua che sembra uno specchio nero di ossidiana e l'iperico che gioca a fare il narciso. La danza delle libellule al canto urlato delle civette. Le piume bianche di un barbagianni impigliate sulla tela di ragno come un acchiappasogni. Il suono delle campanelle delle capre nel fosso che disturbano il monologo del fiume. Le lampade che bruciano olio di citronella su cui galleggiano fiori di caprifoglio che si fingono ninfee e il fumo nero che sale e avvolge l'estasi di una falena prima del suo immolarsi in sacrificio alla fiamma. Il popolo minuscolo e vociante che fa festa tra le fronde del querceto, sotto le sue radici, sopra i tumuli funerari magnogreci adibiti a pascolo, tra la datura bianca e la digitale purpurea, tra i rovi delle more al canto degli usignoli. L'eterna e muta relazione che tutto stabilisce col Tutto. La Vista che mi mostra le analogie nascoste di un mondo così segreto proprio perché sotto gli occhi di tutti. E tutti guardano e nessuno vede. La preziosità delle piccole cose.