Vero, il più delle volte. Soprattutto se il suddetto si è reso colpevole di qualcosa di moralmente aberrante, magari per stupidità, o per mancanza di scrupoli. Il tizio viene arrestato e, pochi giorni dopo, scarcerato. Messo agli arresti domiciliari, il più delle volte. E subito si alzano i gridi di indignazione dello zoccolo duro della nazione, perché, si sa, il popolo è forcaiolo, e non aspetta altro che l’occasione per un bel linciaggio. I forcaioli sono ovunque, non hanno bandiere né tessere: li puoi trovare tra i credenti e tra gli atei, tra gli eredi dei duri e puri come tra chi vota coloro che rappresentano il contrario della trasparenza (ma si sa, ci sono solo toghe rosse qui in giro, prima di laurearti in giurisprudenza ti tatuano ‘comunista’ sul sedere). E subito a lamentarci che in Italia niente funziona, che la giustizia è una farsa eccetera eccetera.
Qualche semplice considerazione (a costo di passare per una garantista ad oltranza).
La prima di carattere meramente pragmatico. Signori e signore della giuria popolare, avete visto lo stato delle carceri? Fanno pena. Mai sentito parlare di sovraffollamento? Anche i carcerati hanno dei diritti, anche i carcerati sono esseri umani. Ed esiste una cosina chiamata Dichiarazione dei diritti dell’uomo. Certo, potremmo costruire più carceri. E anche più asili e più parchi. Suvvia, quando mai le opere pubbliche sono davvero qualcosa in più della bieca propaganda elettorale? I voti dei carcerati non contano, gli immigrati non votano, e per gli asili basta scacciare gli stranieri dalle graduatorie.
La seconda di carattere tecnico. Soprattutto per colpa, ma non solo, delle carceri piene, è impensabile buttare in cella chiunque sia in attesa del processo. Non sono una giurista, ma so che le condizioni necessarie per cui un colpevole – o sospettato tale- rimanga in cella prima della sentenza sono il pericolo di fuga o di reiterazione del reato. Va detto che in molti casi -incidenti colposi, omicidi e altro- nessuno dei due pericoli sussiste. O comunque è il giudice a valutare caso per caso.
Infine, una riflessione teorica. Viviamo fortunatamente in uno Stato di diritto ma, soprattutto, di buon senso. E l’intelligenza, nonché l’esperienza, ci dice che nessuno può essere ritenuto colpevole finché non è stato giudicato tale, cioè finché non si è compiuto fino in fondo il complesso iter dei processi. Perché potrebbe capitare che l’accusato sia innocente. Certo, forse la percentuale di accusati innocenti è molto bassa, ma esiste. E se il nostro diritto fa di tutto per tutelare questi casi non dovremmo fargliene un torto, ma un punto d’onore.
Quindi, lamentatevi pure, ma a ragione. Il problema non sono giudici che impazziscono e liberano i colpevoli. Non li stanno liberando, li stanno tutelando. Il problema semmai sono le strutture carcerarie, le complessità burocratiche, la lentezza dei tempi processuali, non i diritti che un Codice Penale ben pensato garantisce.