Del “corpo glorioso” col quale si fa ritorno da un “viaggio dell’anima”

Creato il 28 aprile 2011 da Malvino

Sandro Magister ci invita a porre attenzione alle risposte che Benedetto XVI ha dato alle domande rivoltegli nel corso della puntata di A sua immagine andata in onda su Raiuno il 22 aprile, soprattutto quelle date alla quinta e alla sesta, che riguardano due punti salienti nella dottrina: la discesa di Cristo agli inferi dopo la sua morte e prima della sua resurrezione; la natura “gloriosa” del suo corpo dopo la resurrezione.Accettiamo l’invito.
Sulla prima delle due questioni, Benedetto XVI dice: “Questa discesa dell’anima di Gesù non si deve immaginare come un viaggio geografico, locale, da un continente all’altro. È un viaggio dell’anima”.Ora, col massimo rispetto per un soggetto anziano con due episodi di ischemia cerebrale in anamnesi remora, rileviamo che il Catechismo della Chiesa Cattolica dà agli inferi i connotati fisici di “dimora” (632) nella quale Cristo è “disceso” (633-635), che esprime moto a luogo. È quanto ricaviamo da At 3, 15 e senza dubbio può essere letta come allegoria, ma senza dimenticare che poco prima (At 2, 24) la meta di questo “viaggio” è indicata col termine Shéol, che nella tradizione ebraica indica senza dubbio un luogo (per quanto ultraterreno, anzi infraterreno), non uno “stato” dell’anima.
Sul secondo punto, quello relativo alla domanda n. 6, Sua Santità rammenta che “la materia [il corpo umano] ha anche la promessa dell’eternità”, non solo l’anima. È la nota promessa della resurrezione della carne, che però ci viene assicurato risorgerà incorruttibile: sotto forma di “corpo glorioso”, appunto.Ora, la domanda è posta in questi termini: “Quando le donne giungono al sepolcro, la domenica dopo la morte di Gesù, non riconoscono il Maestro, lo confondono con un altro. Succede anche agli apostoli: Gesù deve mostrare le ferite, spezzare il pane per essere riconosciuto, appunto, dai gesti. È un corpo vero, di carne, ma anche un corpo glorioso. Il fatto che il suo corpo risorto non abbia le stesse fattezze di quello di prima, che cosa vuol dire?”. La risposta è che “non possiamo definire il corpo glorioso, perché sta oltre le nostre esperienze”, per subito aggiungere che “nell’eucaristia il Signore ci dona il suo corpo glorioso”. E dunque questo corpo non sta “oltre le nostre esperienze”, perché il Catechismo della Chiesa Cattolica recita che “il sacrificio di Cristo e il sacrificio dell’eucaristia sono un unico sacrificio” (1367).Nell’esperienza dell’eucaristia, insomma, facciamo esperienza piena del “corpo glorioso”, sennò verrebbe meno il presupposto in virtù del quale possiamo (dovremmo) ritenere che “coloro che partecipano all’eucaristia siano un solo corpo e un solo spirito” (1353).

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