Sullo sfondo delle riflessioni che molti stanno facendo sul destino del libro, l'arrivo di Kindle in Italia, del libro elettronico e del suo scarso - almeno fino a questo momento- appeal sul pubblico (secondo le ultime stime dell'AIE si tratta di un minuscolo 0,04 % contro il 12 % degli Stati Uniti) vorrei lasciare qui alcune osservazioni su quello che chiamerei, ancora, il fascino perverso delle librerie.
Non ricordo più qual è stata la prima volta che sono entrato in una libreria. E' una dimenticanza significativa? Forse sì, forse vuol dire che ci vado da talmente tanto tempo che ho perso il conto, oppure che ci sono sempre stati dei luoghi simili dove andare a "guardare i libri" e che sono - siamo?- diventato incapace di descrivere un'abitudine tanto consolidata, più o meno come un cane non saprebbe descrivere la ciotola dove mangia.
Facendo uno sforzo intenso, riesco a visualizzare una certa libreria di Milano: qui si è consumato il delitto di lesa realtà, ovvero la lettura! E perdura ancora oggi, questo piacere quasi criminoso, ma con delle differenze.
Oggi sono più consapevole che mai che esistono altri luoghi dove si possono incontrare i libri: biblioteche, cataloghi Internet, remainders (sempre più cool mano a mano che le librerie si atrofizzano?), persino caffetterie che espongono libri, negozi di modernariato e design, collezionisti...Per non parlare della profezia chiamata Ebook, di questi bei giocattolini che cominciano a farsi notare e che sia chiamano Kindle, Sony Reader e mille altri. Sono i cugini della libreria, forse, spesso più belli di lei...Librerie mobili, da viaggio? Ma non c'è niente da fare: sarò un inguaribile romantico o un testone reazionario ma la libreria è, ancora oggi, il mio Assoluto.
Posso fare a meno di Dio e di Enzo Bianchi, al limite potrei abolire la cioccolata (la televisione l'ho abolita anni e anni fa) ma non sono sicuro di potermi sbarazzare del Rito della Libreria. Perché? Riflettiamo facendo un piccolo confronto.
Scrivevo poco fa delle biblioteche. Da bravo metropolitano e studente universitario le ho frequentate tanto, tantissimo...E risparmiando anche un sacco di talleri, bisogna dire. Ma l'aspetto che mi interessa qui non è il cosiddetto vantaggio economico: sono le sale da lettura. Così come si dice "sala da bagno", con un gergo guarda caso demodé (e altrettanto seducente, magari). Sala da lettura.
Visualizzate: lunghe file di tavoli dotati di lampade, soffitti alti, ampie pareti stipate di volumi, la maggior parte dei quali ignoti e che resteranno tali. Silenzio inumano, seguito da minimi fruscii di carte, forse in estate fastidiosi ventilatori, ad ogni modo la biblioteca è un luogo di culto frenetico. Sì, se avete mai studiato saprete di che si tratta. A modo suo, la biblioteca rimane un luogo persino erotico (con buona pace degli asceti, qui i libri si sottolineano, si fotocopiano, si consumano, si devastano, si odiano...ci si fa persino l'amore, almeno con lo sguardo).
Oggi, per esempio, ero lì che compulsavo in biblioteca un libro rarissimo e fuori commercio: Il pensiero multiplo di Edmund Wilson. Ragazzi, che favola è quel saggio sull'Ambiguità di Henry James? A qualunque età, certi libri sono delle vere allucinazioni...Veri e propri oggetti di godimento. I bibliotecari, spesso, sono del tutto inconsapevoli di quali "droghe" passano tra le mani dei fanciulli...Certo, per loro è un lavoro. Ma per il lettore la biblioteca è quel luogo dove si consuma il delitto più affascinante: la negazione silenziosa del lavoro. Non è che studiare sia divertente, chiaro, ma conserva pur sempre il germe di una malattia "anti sociale", romantica, di cui si nutre anche la poesia e la narrativa. Spesso è studiando che scopri le tue nevrosi future, quelle di cui non potrai fare a meno. Se leggi o se scrivi, non sei da nessuna parte. Per molti è quasi impossibile da concepire, ma questo spazio-tempo illogico esiste e si chiama Leggere.
Okay, adesso andiamo in libreria. Qui è tutto, almeno in apparenza, diverso. Entri comunque in un negozio e c'è magari la musica ad un volume troppo alto, ma ci sono anche qui milioni di libri (la maggior parte dei quali ignoti e che resteranno tali). Però c'è anche altro, c'è il fascino perverso della Merce, diciamola tutta, mescolato al fascino altrettanto anomalo delle Idee. Sì, per scrivere un libro qualche idea ci dev'essere: altrimenti perché spenderci dei soldi in costi di stampa e di promozione?
Ma qui il terreno si fa friabile, entriamo nel "sogno delle merce" (per citare, ancora una volta, il diabolico Baudrillard), spesso del tutto dimenticato dai fautori dell'Etica del lettore, del Bisogna-leggere-altrimenti-la maestra-ti spenna vivo. E' tutto più semplice, magari. Ecco come vanno le cose: le donne leggono di più, si dice, ma non sarà che in libreria ci vanno volentieri perché capiscono quanto il libro stia a metà strada tra l'acquisto necessario (la sacrosanta Spesa del Venerdì) e quello di puro shopping...Il famoso "patto con il lettore" è sempre un patto...con la lettrice? Ehi, sto forse insinuando che la Cultura è "salvaguardata" dallo Shopping? Diamo i numeri? No, ce li danno le statistiche.
Forse se Henry James o chi per lui si salva dall'oblio è grazie ai negozi di vestiti? Anziché grazie alla critica letteraria (sarebbe un bel cambiamento d'epoca), intendo dire. Infatti, dove andare a sfogare il "senso di colpa" per i propri acquisti se non in una libreria, ovvero in quel genere di negozio che "nega" la merce- il ludibrio della volgarità, diciamola con Baudelaire- e nel frattempo la esalta ancora? Dove trovare una merce che non sia una semplice merce, se non nella cultura (quale che sia)? Siamo chiari, il senso di colpa in questione è femminile tanto quanto i guanti da sera, perciò poche aflebo: la narrativa sopravvive grazie alle contraddizioni di un'anima in pena che ha appena sborsato (o più spesso, che avrebbe voluto spendere) dei bei soldini da Sephora e dintorni. Dio, se lo sapevo facevo il vetrinista.
Per gli uomini è più complicato, lo so: ancora fino a qualche epoca fa ci vestivamo per coprirci e se leggiamo lo facciamo spesso con l'alibi di imparare come funziona il computer o la dialettica hegeliana. Consumatori per diletto, dunque, di "formule immediate", efficienti, tendiamo ad essere (per fortuna non sempre) i nemici stessi della Cultura. "Il tempo per leggere? Ma non farmi ridere"!
La difendiamo quella strana Cosa soltanto perché si fa bella figura negli assessorati, nei salotti, nelle mense e nelle conversazioni ferroviarie. Da sempre, dai tempi dei Vichinghi, il chiodo fisso del potere e dell'efficienza ha minacciato la sopravvivenza stessa dei libri. Guarda caso, in altre epoche soltanto i sacerdoti sapevano leggere e scrivere. Ci sono volute le rivoluzioni per dare la cultura ai poveri, e adesso affoghiamo nella carta stampata.
Oggi le librerie si fanno sempre più trendy. I libri non bastano, ci vogliono l'arredamento e il design. Il Luogo di Tendenza. Leisure & Pleasure. E va benissimo, basta che non ci annoiamo! Ristampatemi Edmund Wilson o Maurice Blanchot su carta patinata...Metteteci anche le fotografie e il simbolo di download accanto al titolo. Regaliamo libri di carta in cambio di abbonamenti a Ebook Services, la butto lì. Purché si possa andare in libreria a rovistare tra cose "inutili" e, guarda caso, intelligenti. Il libro di carta resterà perché non serve a niente, questo è il bello. Proprio come le scarpe di Prada, gli ovetti Kinder, i telefilm degli anni Ottanta, i cosmetici, i profumi, le bambole della nonna e tutto il resto.
Pubblicato da Remy71 | Commenti
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