Del fico , e del melograno. . . , del CONTE FILIPPO RE PROFESSORE DI BOTANICA ED AGRICOLTURA NELLA UNIVERSITÀ' DI MODENA

Creato il 02 giugno 2015 da Antoniobruno5

In altro luogo ho indicate molte notizie storiche intorno al fico, albero che quanto alla sua celebrità, ed all'uso che se ne fa , gareggia colla vite e coll' ulivo. Ivi si troverà ancora la nota dei molti au tori nostrali die ne hanno scritto, fra i quali ricordo il poema Ficulnea del Ravasini parmigiano. Ora parlerò principalmente del modo di coltivarlo. Il fico ( ficus carica ), si distingue da tutte le altre frutta , educate fra noi per la singolarità del modo di fruttificare, il frutto, che noi diciamo fico, propriamente parlando, altro non è se non un ricettacolo di fiori femminini attaccati alle pareti di esso, ed i fiori mascolini , nelle specie almeno coltivate tra noi, li trovano nell'orifizio del ricettacolo coperti da alcune picciolo squame che stanno sovrapposte a guisa di embrice l’una all'altra. Al principio di primavera' il fico fiore , detto in qualche luogo fiorone, che vedesi a spuntare, ora già stato alimentato dalla foglia dell' anno antecedente , ed i fichi che colgonsi in autunno, sono nutriti dalla foglie che sviluppatisi a primavera. Questa pianta nativa di paesi caldi , teme sopra ogni altra cosa il freddo. Ve ne sono di molte sorti che variano nel tempo della maturità , e ve ne ha una specie che matura in novembre. Perciò il Crescenzio che ci ha lasciati ottimi precetti sul coltivamento di quest' albero, ci dice di porre cura che ne' luoghi magri e secchi uon si piantino quelli i quali nel tempo del gran caldo , in coi si fatti luoghi caggiono dall' arbore, e già aveva avviiato di eleggere le specie adattate al sito. Ogni terreno fuorchè l'umido o paludoso, serve al fico: ma lo troviamo assai più saporito alla collina e su i poggi, - ne' terreni asciutti , sciolti e freschi , ma non soverchiar mente. Non sia il fondo troppo ricco, ma nè meno sterile. Riescono ancora tra i rottami di vecchie mura , amando essi assai le sostanze calcari. Alla pianura hanno più volume, e minor sapore. Negli orti e ne' cortili chiusi, si trovano già riparati dal freddo e dall'umido. il levante ed il mezzodì, sono le due posizioni che più a loro convengono. Taluno ne pone al ponente, e fino al settentrione , sperando così di goderne più a lungo, lo che può ottenersi procurandosi una collezione di questi alberi, secondo l' ordine della- loro maturità. Se dovessi giudicare dello stato della coltivazione dei fichi, da quelli che coltivami nelle parti a me più conosciute, dovrei mostrare ch'essa è molto minore di quella che potrebbe essere; e che si potrebbe accrescere infinitamente se non ci contentassimo di mangiarli freschi, mali seccammo, come praticasi nel dipartimento dell'Agogna. È lunga cosa propagare il fico co' semi. Volendolo fare, si prendano da quelli che seccati al sole ci vengono dal levante. Si moltiplicano con piante picciole divelte dalle radici delle adulte ne' luoghi secchi, in ottobre ed in novembre; ne' temperati , in febbrajo , e ne' freddi, in marzo ed aprile. Il Trinci non commenda un tal metodo, anzi assicura positivamente che non riesce. Il motivo per altro che fa mancare questo genere di moltiplicazione io avviso sia nella poca attenzione che viene posta nel separare le radici. Il fico è pianta delicatissima. Se non si usi una somma destrezza , ed in vece di fare il taglio netto se si mutilino le radici , o si comprimano , la barbatella deve necessariamente perire. Così se taluno volesse margottare il ramo, che questo genere di -propagazione pure riceve il nostro albero , veda di non istringerlo troppo. Il più comune modo di moltiplicarlo, è quello di porne talee o piantoni . Sia il ramo di tre anni e non più giovine: abbia nodi spessi , scelgasi tra quelli situati al levante o mezzodì, con estremità grossa e robusta, nè troppo liscia ,mentre come ci avverte Crescenzio: “quelle piante che sono chiare, e che hanno gli occhi da lungi  l'uno dall'altro , si reputano essere sterili a. Non si piantino meno lunghi di un braccio. l a fossa si farà proporzionata alla qualità del terreno. Sogliono prescriverla profonda un metro e mezzo. Sarà stata aperta qualche tempo. All' atto di fare la piantata si empie per un terzo , e poi vi si pongono i piantoni, dei quali non dovranno rimanere fuori di terra se non due o tre palmi. Sul principio di primavera conviene piantare, e non in autunno, Potrebbesi ancora , fatto un buon divelto con una mazza di ferro od altro strumento , aprire dei fori ed entro insinuarvi le talee , indi accostare ad esse la terra. Ciò atte derà benissimo , e non mai quello che si usa da moltissimi di obbligare per forza detti rami ad entrare nel terreno , onde si lacerano. Del fico ancora rifanno propaggini , e ce lo insegna il Davanzati così: Propagginalo se vuoi far bene, e' per ciò fare taglialo il primo anno fra le due terre , -e il secondo la sua messa carica in altra fossa tirata dove vuoi che il pedal venga , e riempila di terra cotta', molta loppa e litame fracido; e stupirai delle n.esse e de' bei fichi che il primo anno ei ti farà. Per terra cotta io intendo riposata, ed al sole esposta per lungo tempo. Le piante derivate da margotta , da propaggini e da barbatelle, vengono più presto, jna reggono più vigorose se da piantoni.  Il fico non ammette altra pianta e non s'innesta, almeno stabilmente, sopra altri generi. Non usano però l’innesto, sul quale, così uno degli antichi nostri maestri. » Innestasi il fico nel mese di aprile  circa la croccia: e se sono giovani  innestane fendendo il pedale, e incontamente poi si dee legare. . . . Apprendonsi meglio se s' innestano in pedale tagliato rasente terra. Alcuni sono che innestano di giugno . . . Anche si può ingemmare ovvero impiastrare e innestare a lucrinolo ( zufolo) e di maggio e di aprile. « La qualità del sugo proprio dell' albero è torse quella che trattiene i più dall' inserire. ' Barbicata che; sarà la pianta, si comincerà a darle la forma più opportuna. Al novembre, dopo la piantagione dovranno scalzarsi le radici tutte e tagliarsi quelle che nate fossero lungo il tronco sotterra alla. profondità di due palmi poco più. Indi se la magrezza del terreno lo domandi, si letaminerà il terreno, ma quello che è in confine delle radici. Poi si rimetterà tutta la terra scavata, e si alzerà attorno al pedale dell' albero in maniera che l' acqua non vada addosso alla pianta e scorra immediatamente sopra le radici . A primavera poi se occorra , potrà disfarsi il monticello di terra, e formare in vece un arginello a qualche distanza circolarmente attorno al tronco, onde poi l’acqua vada ad abbeverare le radici , cui si potesse temere fossero per essere offese all' occasione di un' estate sommamente calda. Non saprei consigliare a tenere il fico a spalliera. Forse a macchia, almeno ne' luoghi nei quali si corre pericolo che soffra pe' freddi o precoci o tardivi, converrà meglio. J e ad albero da cima ne' siti ben difesi.' In generale per altro questa pianta non soffre molto il taglio , e per ciò consiglio di non adoperarsi molto per formarlo alto. Ricordiamoci che le frutta spuntano su i rami grossi ; quando occorra potarli non 8? farà se non levando coll' unghia le estremità loro. » E si deve tagliare da essi tutto ciò che  si troverà fracido, o mal nato, e devesi potare in modo che inclinato per i lati possa spandersi per le latora.u La fica j a prospera moltissimo governata con ceneri liscivate con calce, con loppe di ogni biada, ed ogni avanzo di materia vegetale. Stiasi lontano dall' usare letami di stalla. Al più al più in qualche caso particolare, gioverà un po' di stabbio pecorino o di colombo, ma ben vecchio. Allevando nano il fico può preservarsi meglio dal freddo. Commendevole è il metodo di fare intorno al tronco un recinto di grossi vimini , o stecconi distante dal medesimo un mezzo metro, e riempierne lo spazio con terra da copririi con lettiera, o meglio ceneri che sono pel fico il migliore de con cimi. Questo steccato sarà alto più o' meno in proporzione dell' altezza del tronco stesso. Si badi a tagliare netto, e si coprano le ferite, almeno le principali , altrimenti la pianta ne avrà molto danno. Dall' ommissione di ambedue queste avvertenze, nasce moltissime volte la perdita loro. Alcuni formano un fascio dei rami già adulti , e li cingono di lunga e folta sopravveste di paglia : la qual cosa per altro valer può per una pianta non mai per un fichereto. Si rimondi il fico, e si schiveranno per la massima parte le malattie a cui va soggetto. Fra queste, la caduta delle frutta è forse la più dannosa. Accade ad onta che bellissime e vigorosissime sieno le sue foglie. Non v’è altro rimedio se non il divettare questi rami così rigogliosi posti al di sopra dei teneri fichi; la qual cosa, come pure altri rimedj proposti , che per brevità tralascio , può vedersi nel Crescenzio, dal quale io prenderò il metodo di secearle. “Che primieramente i fichi si spandano in su i graticci insino al mezzogiorno : ancora molli si rimettano ne' cofani, o vero ceste. E allora scaltidato il forno , a modo che richieda il pane, e ivi entro si inetta il detto cofano , messovi prima sotto tre pietre onde non arda e si chiuda il forno. E poichè i fichi saranno ben colti, così caldi, come sono interponendovi le foglie del fico medesimo, in vasello di terra si pongano ben calcati e chiusi. Ma se per le superchievoli piogge , non potrai porgli allo scoperto , acconceragli sotto il coperto, in maniera che stiano levati da terra un mezzo piede, e di sotto ad essi, in luogo di sole, li si metta cenere che vapori quegli, e riscaldigli e li asciughigli . Poi si volgano al contrario della lor li tagliatura, acciocchè cosi i loro cuoj, come le loro ti polpe si secchino, e poi accoppiati insieme si mettano in cestello o in sacchetti . Altri sono che i fichi mezzanamente maturi , poichè gli hanno divisi , gli spandono tutti in graticci , a seccare al sole, e la notte gli ricolgono sotto copertura. E conservansi ancora con la loro grossezza , secondo ti il modo degli spagnuoli, in questa maniera , cioè. Che si devono mezzanamente seccare, e poiché li saranno ottimamente raffreddati, si mettano in alti cun vaso, e bene stretti si conservino. E i fichi li secchi, i quali quelli di Cesena hanno ottimi , si fanno da loro in questo modo, cioè. Che tolgono ti i fichi , i quali si chiamano grassuls ovvero grasseli gli non troppo maturi, e lasciansi interi per due li giorni al sole : e ciò latto i più grossi si fendono per lo mezzo, per Io traverso e ripongansi con la >> parie d' entro rivolta al sole a seccare, e lascianvisi due o tre dì : e poi si giungono insieme, e ancora si lasciano stare due o tre dì al sole, e poi si mettono in resta ovvero treccia, e anche si lasciano al sole due o tre dì: e ciò fatto si tengono nella cassa, intorno di quindici dì : e poi ancora se è mestiere si pongano al sole, i quali poichè saranno raffreddati , si pongano strettamente in alcun vasello, e si carichino fortemente* ce Questi erano metodi universali di seccare i fichi fra noi nel iaoo. Dei fichi si fa acquavite. Furono proposti per accrescere la sostanza zuccherina all' uva quando ne manca. Il legno al più al più può servire a qualche scultore. Il fico selvatico -è indigeno dell'Italia (i). Il melagrano recato dall'Africa in occasione delle guerre cartaginesi, onde gliene venne il nome di (pu nica granatum ) può coltivarsi a siepe e ad albero. Vuole però luoghi meridionali, e terreno sostanzioso sì, ma sciolto. Propagasi per semente da porsi in autunno o a primavera in terreno ben preparato. A questo modo ed a quello dei piantoni , si preferisce di moltiplicarlo coi polloni che sorgono già muniti di radice dalle vicinanze del pedale. In collina prospera, e se ne fanno siepi. Vive al piano ancora, ma in luogo asciutto. S' innesta a spacco : ma bisogna escere solleciti. Ve ne Sono di più specie. Merita la preferenza quella chiamata a frutto dolce, che fa poma assai voluminose. Il freddo è il suo maggiora nemico. Vuole tenuto potato nella sua gioventù onde non a' allarghi di soverchio, qualora vogliasene faro spalliera o siepe. Tagliasi in autunno avanzato. Ai crelenzieri e confetturieri e farmacisti servono i semi , ed al facitore d' inchiostro la corteccia della mela, perchè dà un nero all' inchiostro. Il conciatore di pelli talora se ne prevale della scorza pel suo mestiere. Brano tratto da: NUOVI ELEMENTI D I AGRICOLTURA del CONTE FILIPPO RE PROFESSORE DI BOTANICA ED AGRICOLTURA NELLA UNIVERSITÀ' DI MODENA, EC. SECONDA EDIZIONE 1818
Bibliografia: Sul fico . Ragionamenti di F. R. Milano 1808 in 8. Carolini. Memoria per servire alla storia compita del fico e della proficazione.

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