"Al mondo non c’è quasi nulla che non si possa buttare via, volendo. Anzi, forse si può dire che non c’è assolutamente nulla. E una volta presa la decisione, viene voglia di gettare via proprio tutto. Come i giocatori che avendo perso la maggior parte del denaro di cui disponevano, finiscono col mettere sul piatto anche quel poco che gli resta. Quasi provassero fastidio a fare le cose a metà."
(Aruki Murakami, I salici ciechi e la donna addormentata)
Provate anche voi questa sensazione? Io la sento spesso, e altrettanto spesso la seguo. E se con le cose non c'è problema perché vivo nell'essenzialità per scelta, la necessità di medesima essenzialità rispetto alle persone mi può portare talvolta a esercitare nei loro confronti una 'furia distruttiva' (che frequentemente attuo anche verso me stessa) quando ne vedo l'ignavia, l'ipocrisia, l'attitudine alla lagnatio. M'è venuto da pensare che la mia intolleranza verso un'insoddisfatta sopravvivenza in favore d'una vita appassionata e gratificante - si rischi quel che si rischi - sia proprio insofferenza del fare le cose a metà. Ha un senso? La provate anche voi?