Del perché parlare in TV di libri ce li fa odiare

Creato il 27 maggio 2013 da Mcnab75

Capita che una domenica ti svegli e, per puro e semplice caso, ti becchi in TV non una bensì tre trasmissioni che parlano di libri ed editoria italiana.
Potere del digitale terrestre, che ha riempito le nostre frequenze di microcanali televisivi che non sanno come tirare sera e che quindi infilano rubriche del genere, tra una televendita e l’altra. Quindi sì: queste trasmissioni le ho viste su dei network cosiddetti “secondari”, non sui canali delle arcinote sette sorelle (Rai, Mediaset e La7). Ma non credo che altrove la situazione sia diversa, anche perché certi programmi più famosi dedicati ai libri li ho pur visti, di tanto in tanto, e non mi sono quasi mai piaciuti (salvo eccezioni, come per esempio, la brava Marta Perego di Ti racconto un libro).
Il fatto è che, secondo me, trasmissioni di questo tipo allonantano i lettori “deboli” e disgustano i lettori forti. Gli unici spettatori a cui tali programmi possono piacere sono quei tizi, minoritari ma capaci di monopolizzare l’attenzione dei mass media, per cui un libro è e rimarrà sempre un oggetto elitario e snob.

Prima trasmissione.
Classica intervista on the road a Roma, con una sola domanda: che libro stai leggendo in questo momento?
Le risposte sono state desolanti. Tutte. Tutte tipicamente italiane.
In un campione di uomini e donne indicativamente tra i 18 e i 40 anni gli intervistati si sono così espressi:

L’Insostenibile leggerezza dell’essere.
Qualcosa di Garcia Marquez (“qualcosa”, sì)
Il Vecchio e il Mare.
Piccole donne.
Guerra e Pace.
Un libro di DeLillo (No, il titolo non lo ricordava).
Mangia, prega, ama.
Leggo solo i libri dell’università.
L’ultimo di Gramellini.
Uno bello ma non ricordo il titolo, perché da qualche giorno non lo apro.
Fontamara.

E ‘sti cazzi non ce lo mettiamo?
Si tratta, come vedete, di libri vecchi di qualche decennio, a eccezione di Mangia prega ama, che vabbé, e del cosidetto “ultimo” di Gramellini.
Aggiungo anche: dalle espressione degli intervistati oserei dire che queste sono le tipiche risposte di chi in realtà non apre un libro da anni. Guerra e Pace e Kundera sono le classiche citazioni di chi non entra molto spesso in libreria, tanto per usare un eufemismo.
Non ce n’è manco uno che abbia citato i pur stravenduti Dan Brown, George R.R. Martin, Stephen King.
Ovviamente non c’è nemmeno un titolo lontanamente avvicinabile alla narrativa del fantastico. Perché qui certi libri alla fine non si leggono più, e se qualcuno pure li legge magari ha perfino vergogna ad ammetterlo davanti a un microfono.
Mica che poi ti prendono per uno strambo, eh.Inoltre, sia detto, l’universitario ventenne che alla domanda “cosa stai leggendo in questo momento?” ti risponde Guerra e Pace è credibile quanto il sottoscritto che vi confessa di essere l’erede al trono del Belgio.

Altra trasmissione, altro regalo.
Intervista iperservile al classico autore italiano (no, non vi dirò chi è) che ha appena pubblicato l’ennesimo romanzo realista sulla crisi della famiglia borghese italiana, tra divorzi, amanti, sconvolgenti verità rivelate (del tipo che il protagonista scopre di avere un fratellastro, una roba di una originalità mozzafiato).
E tu lo ascolti parlare, vestito col suo completino radical chic,  cinquantenne brizzolato che scrive su un paio di quotidiani nazionali, sproloquiando di lavoro, giovani e sentimenti. Lo osservi, seduto in una libreria Feltrinelli a caso in posa da intellettuale sì, ma sbarazzino, che vaneggia sulla scrittura come sistema per psicanalizzare le famiglie allargate e bla bla bla, giù con delle psicostronzate autocompiaciute.

Ecco, potrei fermarmi qui, infatti lo faccio.
Credo di avervi dato un’idea abbastanza precisa di cosa mi son ritrovato a guardare in una fresca domenica di fine maggio.
Trasmissioni assolutamente inutili, che più che parlare di libri parlano del concetto astratto della lettura, fermo restando che essa resta, secondo l’italiano medio, una cosa d’élite e snob. Con una tendenza a moralizzare il lettore, oppure a considerarlo un idiota totale.
Il divertimento? No, quello mai. Non secondo i tizi che in TV parlano di libri.

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(A.G. – Follow me on Twitter)


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