Ho ricevuto questa fotografia, da una persona che suppongo abbia seguito la storia di Delia in passato. Altrimenti non avrebbe scritto, sul retro, "Delia?". Quasi a chiedere: è lei, ci assomiglia? No, non è Delia, ma qualcosa di lei c'è. La fotografia è stata scattata da Dario Mondero, di cui è in corso una mostra antologica a Genova (fino al 19 agosto, leggo sulla cartolina). Titolo dell'esposizione: Dalla parte dell'uomo. Io sto dalla parte di Delia. Così tanto che mi sono lasciato prendere dai capitoli che l'autore mi invia allegandoli a brevi messaggi di posta elettronica: "Ecco, capitolo 7. Saluti." Ho smesso di pubblicare il racconto di Delia. Non volevo più condividerla finché non l'avessi scoperta interamente, finché non avessi capito che fine avrebbe fatto. Lei, i suoi uomini, la sua furia vitale. Ho letto l'ultimo capitolo qualche settimana fa. Riprendero' a pubblicare la storia di Delia: tralascerò alcune parti e portero' i lettori verso una rapida e folgorante conclusione. C'è una scena strepitosa fra i capitoli che ho letto: Delia a letto, di domenica. Avvolta nelle lenzuola di cotone un po' ruvido che adora. Dalle finestre passa un filo di luce. Qualche macchina, scorrendo lenta, le fa capire che le strade sono bagnate di pioggia. L'aria ha cambiato temperatura, ha abbassato il termostato dell'estate. Al rallentatore, Delia volta la desta verso destra, dove si trova la porta della camera da letto. La sera prima, rientrando, si era tolta le scarpe in fretta, gettandole alla rinfusa, due trampoli eleganti che ora sembrano fenicotteri assopiti davanti al letto. I jeans sono in corridoio, senza vita dentro. La maglietta è nella pattumiera. L'aveva fatta a pezzi appena rientrata: ridotta a francobolli lavorando di forbice. Sapeva di lui. Che ora non c'era più'. Lo aveva cancellato dalla sua vita schiacciando due volte (o erano state cento?) sul tasto DELETE. Più' facile che con il telefonino. La scritta sulla faccia di lui - di luuuui - lampeggiava affogata nell'adrenalina: "Sei sicura di volerlo fare?". Yes. Ok. Cancella. Per sempre, mi raccomando. In fondo al letto, sparse su uno spicchio di pavimento che Delia riusciva a vedere, c'erano pagine strappate, fatte a pezzi. Si era liberata anche di questo: del libro che il famoooooso critico letterarioooooo aveva consigliato quasi in ginocchio: leggetelo, vi supplico. Era una sera che Delia non aveva nulla da fare. Aveva acceso la TV e ascoltando distrattamente il lacrimevole appello letterario si era detta che quel consiglio lo avrebbe seguito. Aveva comprato il romanzo. Una stronzata pazzesca. Delia aveva chiuso i conti anche con il libro, il suo autore incapace e il critico letterario famosooooo e inutile. E quella mattina stava finalmente da Dio, dentro le lenzuola che le pizzicavano lievemente la pelle (hai presente l'effetto di un pensiero bellissimo che prende forma e tu vorresti che ci mettesse una vita? Ecco: uguale); pensava al caffè che si sarebbe preparata fra non molto; pensava alla doccia che si sarebbe fatta senza fretta; alla giornata che sarebbe stata sua; agli uomini che l'avrebbero guardata quando sarebbe uscita di casa a farsi un giro; pensava ai suoi passi che sarebbero stati leggeri, lunghissimi e avvolti di luce. Una strana luce. Ma strana davvero.
Ho ricevuto questa fotografia, da una persona che suppongo abbia seguito la storia di Delia in passato. Altrimenti non avrebbe scritto, sul retro, "Delia?". Quasi a chiedere: è lei, ci assomiglia? No, non è Delia, ma qualcosa di lei c'è. La fotografia è stata scattata da Dario Mondero, di cui è in corso una mostra antologica a Genova (fino al 19 agosto, leggo sulla cartolina). Titolo dell'esposizione: Dalla parte dell'uomo. Io sto dalla parte di Delia. Così tanto che mi sono lasciato prendere dai capitoli che l'autore mi invia allegandoli a brevi messaggi di posta elettronica: "Ecco, capitolo 7. Saluti." Ho smesso di pubblicare il racconto di Delia. Non volevo più condividerla finché non l'avessi scoperta interamente, finché non avessi capito che fine avrebbe fatto. Lei, i suoi uomini, la sua furia vitale. Ho letto l'ultimo capitolo qualche settimana fa. Riprendero' a pubblicare la storia di Delia: tralascerò alcune parti e portero' i lettori verso una rapida e folgorante conclusione. C'è una scena strepitosa fra i capitoli che ho letto: Delia a letto, di domenica. Avvolta nelle lenzuola di cotone un po' ruvido che adora. Dalle finestre passa un filo di luce. Qualche macchina, scorrendo lenta, le fa capire che le strade sono bagnate di pioggia. L'aria ha cambiato temperatura, ha abbassato il termostato dell'estate. Al rallentatore, Delia volta la desta verso destra, dove si trova la porta della camera da letto. La sera prima, rientrando, si era tolta le scarpe in fretta, gettandole alla rinfusa, due trampoli eleganti che ora sembrano fenicotteri assopiti davanti al letto. I jeans sono in corridoio, senza vita dentro. La maglietta è nella pattumiera. L'aveva fatta a pezzi appena rientrata: ridotta a francobolli lavorando di forbice. Sapeva di lui. Che ora non c'era più'. Lo aveva cancellato dalla sua vita schiacciando due volte (o erano state cento?) sul tasto DELETE. Più' facile che con il telefonino. La scritta sulla faccia di lui - di luuuui - lampeggiava affogata nell'adrenalina: "Sei sicura di volerlo fare?". Yes. Ok. Cancella. Per sempre, mi raccomando. In fondo al letto, sparse su uno spicchio di pavimento che Delia riusciva a vedere, c'erano pagine strappate, fatte a pezzi. Si era liberata anche di questo: del libro che il famoooooso critico letterarioooooo aveva consigliato quasi in ginocchio: leggetelo, vi supplico. Era una sera che Delia non aveva nulla da fare. Aveva acceso la TV e ascoltando distrattamente il lacrimevole appello letterario si era detta che quel consiglio lo avrebbe seguito. Aveva comprato il romanzo. Una stronzata pazzesca. Delia aveva chiuso i conti anche con il libro, il suo autore incapace e il critico letterario famosooooo e inutile. E quella mattina stava finalmente da Dio, dentro le lenzuola che le pizzicavano lievemente la pelle (hai presente l'effetto di un pensiero bellissimo che prende forma e tu vorresti che ci mettesse una vita? Ecco: uguale); pensava al caffè che si sarebbe preparata fra non molto; pensava alla doccia che si sarebbe fatta senza fretta; alla giornata che sarebbe stata sua; agli uomini che l'avrebbero guardata quando sarebbe uscita di casa a farsi un giro; pensava ai suoi passi che sarebbero stati leggeri, lunghissimi e avvolti di luce. Una strana luce. Ma strana davvero.
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